Presunti abusi al Cmo, a processo la difesa dei Marulo cala un asso dalla manica. E’ semplicemente un atto – un collaudo statico relativo alla sede di medicina nucleare del Cmo, sequestrata du...
Presunti abusi al Cmo, a processo la difesa dei Marulo cala un asso dalla manica. E’ semplicemente un atto – un collaudo statico relativo alla sede di medicina nucleare del Cmo, sequestrata due anni fa dai magistrati e ad oggi tenuta ancora sotto chiave – ma giocato come un “jolly”, ieri in udienza, dall’avvocato Alfredo Sorge. Una mossa, quella del legale che insieme agli avvocati Orazio Abbamonte e Giuseppe De Luca cura gli interessi della famiglia Marulo, che in aula ha spiazzato quasi tutti. Compreso il perito Anacleto Fuschetti, ovvero il consulente tecnico nominato dal pm della Procura della Repubblica oplontina, Rosa Annunziata, nel processo sui presunti abusi edilizi commessi all’interno della vecchia sede di medicina nucleare del Centro Medico Oplonti in via Roma. L’esistenza del collaudo statico per la struttura, regolarmente depositato dai Marulo sia presso la sede del Cmo che al Comune di Torre Annunziata, era infatti contestato dall’accusa. Insieme ad altre autorizzazioni sismiche per l’immobile, mostrate sempre ieri ai giudici dall’avvocato Sorge. Che, una volta terminata l’udienza e raggiunto al telefono, ha commentato lapidario: “Collaudi, permessi e autorizzazioni per la sede, assolutamente ufficiali, esistono da sempre. Sono documenti la cui semplice lettura consente la risoluzione della quasi totalità delle accuse mosse dalla Procura. Sono atti di agevole reperibilità – ha aggiunto il legale – . Bastava cercarli nei posti giusti e con dovuta accortezza”.
Sarà adesso la difesa a chiederne l’acquisizione a processo, chiaro l’intento dei legali. Quello di dimostrare una presunta parzialità nello svolgimento dell’inchiesta e nella formazione dei fascicoli per il dibattimento. Sotto processo, accusati a vario titolo di abuso d’ufficio, falso ideologico, falso in atto pubblico e abusivismo edilizio, sono finite 8 persone: l’amministratore unico del Cmo, Luigi Marulo, Francesca Grassi, l’architetto Antonio Collaro, i due tecnici Marco Nastro e Giovanni Balzano, responsabili della ditta che avrebbe effettuato i lavori ritenuti come sospetti dall’accusa. Chiusa l’indagine, costruita anche attorno a diverse intercettazioni telefoniche, sono stati inoltre rinviati a giudizio 3 dipendenti del Comune di Torre Annunziata. Ovvero il dirigente dell’ufficio tecnico Nunzio Ariano, l’architetto Sergio Franco, l’architetto Gino di Donna, responsabile del Suap e del Demanio. L’inchiesta era partita in seguito a un sopralluogo svolto nel 2017 dalle forze dell’ordine. Vigili e carabinieri controllano la struttura di via Roma, evidenziando la presunta realizzazione di spazi abusivi. Da qui, infine, il sequestro della vecchia sede di medicina nucleare e un’indagine che verrà ricostruita nel corso del processo, che prosegue senza soste, anche grazie a una sfilza di testimoni e consulenti tecnici. Il primo a “consegnare” la sua verità ai giudici è stato Anacleto Fuschetti.
Il perito del pm che, ascoltato nel corso di 3 udienze, fino a ieri ha gettato “ombre” sui titoli abilitativi e sugli ulteriori permessi a costruire, rilasciati dal Comune a partire dal 2013 e fino all’ultimazione del cantiere in data 2 aprile 2015. “I lavori di manutenzione straordinaria, a mio avviso, hanno modificato integralmente la destinazione d’uso di un immobile costruito come fabbricato residenziale dopo il terremoto del 1980” aveva già dichiarato il perito ai giudici. “In zona rossa, a rischio Vesuvio, non sono ammessi nuovi volumi. Di ogni genere” aveva proseguito poi Fuschetti in merito al primo permesso rilasciato dal Comune, il numero 1 del 2013. Il consulente del pm si era mostrato scettico anche sulla “autocertificazione di agibilità del fabbricato. Fu presentata nel marzo del 2013, prima della fine dei lavori. A firmarla non fu il direttore dei lavori, ma il collaudatore Marco Nastro. C’è un difetto di competenza”. Affermazioni e sospetti che ora potrebbero trovare una risposta, forse decisiva, nel “jolly” calato in aula, ieri a sorpresa, dinanzi ai giudici.