Angri. Maxi frode fiscale da 45 milioni: sentenza per due imputati condannati complessivamente a sette anni e mezzo di reclusione con il rito abbreviato e 4 rinvii a giudizio. Si tratta di Domenico Ca...
Angri. Maxi frode fiscale da 45 milioni: sentenza per due imputati condannati complessivamente a sette anni e mezzo di reclusione con il rito abbreviato e 4 rinvii a giudizio. Si tratta di Domenico Calabrese – nato a Offenbach (Germania) e residente a Sant’Antonio Abate – condannato a 4 anni e sei mesi di reclusione, con una multa di 14mila euro. Dario Alderisi, nato a San Paolo del Brasile e residente nell’agro nocerino, ha incassato una pena di due anni e 11 mesi di reclusione, con una multa di 8mila euro. Entrambi sono stati condannati anche all’interdizione dai pubblici uffici e all’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per diversi anni.
A giudizio con rito ordinario il 46enne Ermanno Siano ritenuto il principale ideatore dello schema fraudolento. Secondo le indagini, avrebbe emesso fatture false per operazioni inesistenti, per un importo superiore a 10 milioni di euro. Quindi il 39enne Alessandro Romano, accusato di frode fiscale in concorso. E ancora, Alfonso Oliva, 41 anni, coimputato per frode, 71 anni, accusato di essere parte attiva del disegno criminoso in concorso con il figlio Ermanno.
Lo ha deciso il gup Fabrizio Ciccone del tribunale di Avellino che ha accolto parzialmente le richieste della procura che, con le indagini, aveva portato alla luce elementi che indicano come i due condannati, tramite “prestanome” compiacenti e società “cartiere”, abbiano messo in atto un sistema di frode fiscale di circa 45 milioni.
I due condannati Domenico Calabrese e Dario Alderisi, coinvolti in un intricato sistema di frode fiscale e riciclaggio internazionale che ha avuto un impatto economico stimato in oltre 45 milioni di euro. Inoltre è stata disposta la confisca di oltre 2,3 milioni di euro derivanti dai proventi illeciti, sequestrando fondi detenuti dalle società coinvolte nel sistema fraudolento, tra cui aziende che lavorano pellame.
Le indagini hanno rivelato che una parte significativa dei fondi illeciti, circa 1,7 milioni di euro, è stata trasferita all’estero, principalmente verso la Cina, attraverso numerosi bonifici bancari con operazioni bancarie mascherate tramite l’utilizzo di prestanome. Accertato che i proventi delle attività illecite sono stati riciclati attraverso contratti fittizi con altre aziende e la cessione di crediti, al fine di nascondere la provenienza dei fondi.
L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Avellino, ha utilizzato anche strumenti di analisi informatica per raccogliere prove fondamentali contro gli imputati, dimostrando l’efficacia del monitoraggio dei flussi finanziari nel contrasto al crimine economico. Stabilito il risarcimento del danno per la parte civile che si è vista respingere la richiesta di una provvisionale.
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