Pagani/Scafati. Altre 16 richieste di arresto nell’ambito del filone sullo spaccio di droga con il clan Fezza/De Vivo sgominato una decina di giorni fa con 14 arresti in carcere e 21 indagati a pied...
Pagani/Scafati. Altre 16 richieste di arresto nell’ambito del filone sullo spaccio di droga con il clan Fezza/De Vivo sgominato una decina di giorni fa con 14 arresti in carcere e 21 indagati a piede libero. Di quelli che non sono stati raggiunti da misura cautelare, 16 rischiano le manette come chiesto al gip dal pubblico ministero Elena Guarino: disposto l’interrogatorio preventivo prima di prendere la decisione su istanza della procura salernitana.
Sullo sfondo c’è l’indagine culminata con il blitz che aveva preso il via dalla cattura del latitante Daniele Confessore e dal sequestro iniziale di 13 chili di stupefacenti, evento che aveva dato impulso a un’articolata attività di ricostruzione della rete criminale. La droga che veniva smerciata su alcune zone dell’agro nocerino, fino ad arrivare in costiera Amalfitana, nella zona Sud della provincia salernitana e nel carcere di Fuorni.
L’analisi dei telefoni cellulari in uso agli indagati aveva quindi permesso di individuare contatti chiave con esponenti di rilievo della consorteria camorristica Fezza/De Vivo egemone a Pagani, quartiere Lamia.
Secondo gli inquirenti, nonostante l’arresto del latitante Confessore (coinvolto in diversi blitz disposti dall’antimafia salernitana), l’organizzazione avrebbe proseguito senza interruzioni le attività illecite, riorganizzandosi rapidamente: nuovi luoghi di stoccaggio, modalità di approvvigionamento modificate e una rete di comunicazione interna-estera aggiornata e più sicura.
Durante gli interrogatori di garanzia solo la moglie di Leonardo Iapicco aveva parlato e ammesso le responsabilità e dopo le dichiarazioni era finita ai domiciliari. Oltre ai reati legati alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti, i 14 finiti in cella dovranno rispondere anche di favoreggiamento personale, estorsione, riciclaggio e autoriciclaggio.
Gli investigatori avrebbero individuato il reimpiego dei proventi illeciti in un’attività commerciale di rivendita di generi di monopolio (Sali e Tabacchi), bar e commercio al dettaglio. Per tale motivo, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno ha disposto il sequestro preventivo di un ramo d’azienda e di vari beni mobili, immobili, denaro e crediti, per un valore complessivo di circa 130mila euro. Attraverso l’uso di telefonini, l’organizzazione era riuscita a mantenere un canale di comunicazione stabile con l’esterno, permettendo così la continuazione delle attività illecite anche in ambiente carcerario.
Ora per 16 indagati a piede libero c’è il rischio dell’arresto, ma prima di proseguire con l’istanza presentata dal pubblico ministero Elena Guarino ci sarà un interrogatorio filtro dal gip del tribunale di Salerno Piero Indinnimeo.
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