Gragnano. Ora può tornare a Iuvani, il fortino della sua famiglia sul monte Megano, tra le viscere della zona alta di Gragnano dove da anni si tessono le strategie della camorra dei Lattari. Non ha p...
Gragnano. Ora può tornare a Iuvani, il fortino della sua famiglia sul monte Megano, tra le viscere della zona alta di Gragnano dove da anni si tessono le strategie della camorra dei Lattari. Non ha più pene arretrate e ha pagato il suo debito con la giustizia, Il boss Antonio Di Martino, figlio di Leonardo o’Lione, nei mesi scorsi aveva ricevuto una vera e propria “mazzata” mentre in carcere stava scontando la condanna di 4 anni per traffico di droga aggravata dal metodo mafioso, scaturita dalla maxi incheiesta Olimpo. Un cumulo di pene per droga, estorsione e resistenza a pubblico ufficiale arrivato a 15 anni. Da qui la mossa dei suoi legali. che prima hanno sollevato- avvocato Francesco Romano- alla corte d’Appello di Napoli un incidente d’esecuzione che ha eliminato tre anni da quel cumulo. Un presupposto che è stato necessario per presentare un’istanza di scarcerazione al Tribunale di Sorveglianza di Venezia. Dopo la prima decisione di accoglimento provvisorio arrivata questa estate, i giudici hanno poi confermato, lo scorso autunno la decisione, stabilendo la liberazione di Antonio Di Martino. Al rampollo di Leonardo o’lione era rimasta la sola prescrizione per la permanenza nel Lazio che è stata definitivamente cancellata per via di un’istanza presentata dal suo legale, il penalista stabiese Antonio de Martino, respinta in appello e accolta poi dalla cassazione per il riconoscimento della continuazione di alcuni reati. Un presupposto che ha permesso al boss di poter ritornare a Gragnano. Di Martino è ritenuto ai vertici di uno dei clan più potenti e feroci della Campania, il suo nome da almeno 15 anni è al centro di inchieste e processi. Su di lui hanno indagato le Procure Antimafia di Napoli e Reggio Calabria. Oggi è ancora imputato in altri due processi, Cerbero e Golden hiding, entrambi fermi ancora al primo grado di giudizio e dove risponde, nel primo, di traffico di droga aggravato dal metodo mafioso, e nell’altro, della stessa accusa, ma in qualità di promotore dell’organizzazione criminale. Secondo la Dda partenopea dopo l’arresto di suo padre avrebbe preso lo scettro del comando. Un curriculum criminale di primissimo livello che viene fuori dalle carte dell’antimafia che hanno messo nel mirino l’erede di Leonardo o’Lione. Un uomo capace di tutto. Come quando, nel 2015, è riuscito a sfuggire all’arresto «dribblando» una volante della polizia stradale sull’autostrada A16. Per non farsi catturare Di Martino è arrivato a lanciarsi nel vuoto, da un cavalcavia, rimanendo miracolosamente illeso. O come nel 2013, quando per scappare a un normale controllo dei carabinieri, ha deciso di rifilare una gomitata ad un militare dell’Arma per poi darsi alla fuga. E anche la latitanza è una esperienza che l’ex primula rossa della camorra ha vissuto in prima persona. Lo dimostrano i 10 mesi da irreperibile trascorsi tra il 2012 e il 2013 per una vicenda di droga e poi l’ultima, durata praticamente due anni dal 2018 al dicembre del 2020, quando fuggì dalla retata scaturita dagli arresti Olimpo. Un vizio di famiglia, una tradizione che si tramanda di padre in figlio. Anche Leonardo Di Martino, infatti, venne catturato da latitante nel 2004, in un paesino alle porte di Teramo. Si era nascosto sotto falso nome in un piccolo appartamento assieme a sua moglie quando le forze dell’ordine lo bloccarono. Diverso il destino del figlio che durante la sua latitanza non si mosse da Gragnano, dove fu catturato nel 2020 sul monte Megano, a pochi passi dalla sua abitazione.