La picchia e la minaccia di morte, viene condannato a tre anni e mezzo di carcere ma il giudice lo scarcera e lo manda agli arresti domiciliari a pochi passi dalla moglie. Lui nel rione dell’Annunzi...
La picchia e la minaccia di morte, viene condannato a tre anni e mezzo di carcere ma il giudice lo scarcera e lo manda agli arresti domiciliari a pochi passi dalla moglie. Lui nel rione dell’Annunziatella, lei in quello di Moscarella. A separare i due quartieri ci sono poche centinaia di metri, sufficienti per giudici e pm per garantire la sicurezza e l’incolumità della vittima. Andava tutto bene poi ha iniziato a picchiarmi e a minacciarmi: «a Natale non ci arrivi, ti ammazzo. Ti faccio a pezzi e ti faccio sparire». Inizia così l’ennesimo racconto di una donna ai carabinieri che poco prima avevano arrestato suo marito, un 53enne pluripregiudicato del rione Moscarella con diversi precedenti penali per rapina e uno per omicidio preterintenzionale. Storie che i carabinieri di Castellammare e le altre forze dell’ordine ascoltano quasi quotidianamente. A volte si trovano con le mani legate perché magari le vittime, per un sentimento di amore malato o per paura, ritirano le denunce, in altre possono intervenire prima che si verifichino storie tragiche come quella di Giulia Cecchetin e Chiara Tramontano. è Sabato sera, sono da poco passate le 21 quando al centralino del 112 arriva una telefonata dal quartiere di Ponte Persica. Dall’altro lato del telefono c’è una donna che in lacrime chiedeva l’intervento di una volante nella sua abitazione. Poco prima il marito gli aveva chiesto 20 euro. Lei si rifiuta e così lui la afferra, la butta a terra e la trascina in camera da letto dove l’aveva chiusa a chiave. La fortuna ha voluto che poco dopo rientrasse in casa uno dei tre figli della coppia. Il ragazzo ha così liberato la madre che immediatamente ha poi chiamato i carabinieri. Pochi minuti dopo la segnalazione arriva la volante. I militari salgono nell’appartamento, trovano il 53enne tra le scale e lo fermano. Entrano nell’abitazione parlano con la donna e procedono. I medici per le contusioni riportate gli prescrivono tre giorni di prognosi,. La donna viene portata in caserma a Castellammare e li si sfoga trovando nei carabinieri i fratelli maggiori che la potevano proteggere. La storia è tremenda. Appena qualche mese prima, a maggio, il 53enne aveva finito di scontare una pena per maltrattamenti sulla moglie. Lei lo “aveva perdonato” e così erano tornati a vivere insieme. «All’inizio andava tutto bene poi ha iniziato ad essere violento- racconta piangendo la donna- mi lanciava i piatti addosso, mi insultava e mi minacciava. Non ho mai denunciato perché speravo che lui cambiasse». Una frase detta, una falsa illusione perché ora il 53enne è nuovamente indagato per maltrattamenti e lesioni- per altro con l’aggravante che la vittima sia la stessa persona della condanna scontata poco prima- tanto da far vivere la donna “in un clima costante di terrore perdurante e stato d’ansia per la sua incolumità». L’uomo per questi reati è stato condannato a 3 anni e mezzo di carcere con il giudice che ha accettato la richiesta di scarcerazione presentata dal suo legale, il penalista stabiese Mariano Morelli. Gli elementi utili a condannare l’uomo sono emersi soprattutto dal racconta della donna:«Mi insultava continuamente- ha raccontato ai militari la donna- mi pedinava anche quando andavo a lavoro». Poi le minacce: «I suoi atteggiamenti erano peggiorati. Ho continuato a sopportare finché non ho avuto paura di morire. All’inizio di ottobre mi minacciò con una mazzetta da muratore dicendomi che da qui a qualche giorno mi avrebbe ammazzato e che mi avrebbe aperto la testa in due. In quell’occasione scappai di casa e rientrai diverse ore dopo sperando che lui si fosse calmato. Due giorni fa mio marito prese un coltello e mi minacciò di nuovo. Ti scanno, mi disse, ti uccido e così la facciamo finita».