Castellammare. Radere al suolo tutti gli immobili abusivi della collina di Varano per avviare una nuova campagna di scavi, che potrebbero consentire di riportare alla luce i tesori dell’antica Stabiae. La sfida è stata lanciata dal procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso, nel corso della presentazione del primo catalogo dei reperti del Museo Libero D’Orsi. La strada sembra già tracciata, grazie alla disponibilità del Parco Archeologico di Pompei a partecipare – anche dal punto di vista economico – alle attività di demolizione. E presto toccherà al Comune di Castellammare di Stabia, guidato dal sindaco Luigi Vicinanza, fare la sua parte. Sono centinaia, tra case, aziende, locali, i manufatti abusivi della collina di Varano, ma il procuratore Nunzio Fragliasso ha parlato apertamente di una priorità: «Cominciamo da quelli che sovrastano la Villa del Pastore». Ovvero una domus che non è stata ancora riportata alla luce, nonostante gli studi effettuati dagli esperti la qualificano come una delle aree di maggiore interesse archeologico della collina di Varano. Su quegli immobili che oggi sovrastano la Villa del Pastore c’è una battaglia che va avanti ormai da 15 anni. E’ il giugno del 2010 quando la proprietaria di un complesso edilizio della collina di Varano riceve una nota della Soprintendenza che dichiara l’intera area «di interesse particolarmente importante». Da quel momento, comincia un lungo braccio di ferro giudiziario, perché i tecnici incaricati dalla difesa della proprietaria del complesso sostengono che è necessario effettuare dei saggi nel sottosuolo per verificare se effettivamente ci siano reperti d’interesse archeologico. Mentre la Soprintendenza va a completare un lavoro di ricerca che nel 2017 si traduce in una dettagliata relazione che spiega come nella parte sottostante il fondo si nasconderebbe «il corpo principale della Villa del Pastore: un enorme cortile con emiciclo sul lato sud e al centro una grande piscina rivestita di marmo (natatio), si lega ad una serie di ambienti più piccoli con diverso orientamento prospettanti su un cortile dal quale partono due corridoi che dovevano collegare il complesso edilizio con gli ambienti termali e i quartieri residenziali». Insomma, un vero e proprio tesoro archeologico sommerso, al quale la Soprintendenza non sembra intenzionata a rinunciare. Soprattutto in considerazione del fatto che al momento della cessione di quell’area, nel 1980, si trattava di un semplice fondo agricolo senza alcuna costruzione. Mentre le abitazioni, nonostante il vincolo archeologico, sono state costruite successivamente senza alcun permesso. Dopo le sentenze favorevoli alla Soprintendenza, un altro passaggio importante è stato segnato nel 2023 quando il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, ha firmato un protocollo d’intesa con l’allora procuratore generale di Napoli, Luigi Riello, l’avvocato generale della Repubblica di Napoli, Antonio Gialanella e proprio il procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso. Un accordo che consente di «accedere ai finanziamenti del Parco Archeologico di Pompei per procedere agli ordini giudiziali di demolizione e al contestuale ripristino dei luoghi, imposto dal vincolo archeologico e paesaggistico». Insomma, le sentenze d’abbattimento ci sono, i soldi per le demolizioni li mette il Parco Archeologico di Pompei e così vengono superati tutti gli ostacoli che per oltre mezzo secolo hanno impedito di lavorare alla riscoperta e alla valorizzazione dell’antica Stabiae. @riproduzione riservata
CRONACA
16 aprile 2025
Castellammare. Il Parco Archeologico di Pompei pronto a finanziare gli abbattimenti a Varano