Gragnano. La nuova frontiera del clan Di Martino non esiste materialmente: è invisibile, ma composta da una fitta rete virtuale che, ogni settimana, fa entrare decine di migliaia di euro nelle tasche...
Gragnano. La nuova frontiera del clan Di Martino non esiste materialmente: è invisibile, ma composta da una fitta rete virtuale che, ogni settimana, fa entrare decine di migliaia di euro nelle tasche della cosca. Secondo l’Antimafia, la cosca egemone sull’area dei Monti Lattari avrebbe aperto un nuovo canale, più sicuro e difficile da intercettare per le forze dell’ordine, per l’approvvigionamento dei semi di marijuana: la sostanza stupefacente viene prodotta in quantità industriale dai «contadini» al servizio del clan, sulle pendici del Faito e tra le gole dei Monti Lattari. Si tratta del dark web, la nuova frontiera del crimine organizzato: una rete composta da diversi portali dove le cosche riescono a fare affari con un semplice clic. Le mafie, come riportano anche le relazioni della Dia, operano sempre più nel mondo digitale in modo strutturato e coordinato; esistono ormai correlazioni tra riciclaggio di denaro, criminalità informatica, cripto-asset e corruzione. Del resto, il dark web rappresenta un luogo ideale per le mafie: è discreto, relativamente sicuro e permette di mantenere l’anonimato grazie alle tecnologie di pseudonimia e crittografia. Sul web esistono grandi piazze virtuali dove è possibile comprare e vendere di tutto. Allo stesso tempo, è possibile riciclare denaro o commettere frodi finanziarie ed estorsioni online, eludendo le frontiere tradizionali e sfuggendo alle indagini. Un mondo, secondo gli investigatori, in cui si sarebbe lanciato anche il clan Di Martino per l’acquisto dei semi di marijuana. Il campanello d’allarme era suonato l’estate scorsa, quando, durante un’operazione di sequestro condotta dai Carabinieri Cacciatori di Calabria, furono rinvenute delle piante di «Purple Weed», una varietà di marijuana dai fiori violacei, coltivata prevalentemente in California fin dagli anni ’60. Per la prima volta, questa tipologia di cannabis è stata ritrovata anche sui Monti Lattari, e probabilmente già da mesi veniva spacciata nei principali punti di vendita sotto il controllo del clan. La «Purple Weed» è infatti molto richiesta sul mercato, soprattutto dai turisti stranieri: ha una concentrazione di THC più elevata e, di conseguenza, può essere rivenduta a un prezzo superiore. Il ritrovamento, effettuato dai carabinieri, ha dimostrato ancora una volta come il clan Di Martino sia una cosca in continua evoluzione, disposta a ogni tipo di aggiornamento pur di accontentare i clienti e stare al passo coi tempi. Già nel 2010, quando i carabinieri redassero l’informativa «Golden Hiding», in cui ricostruivano gli affari della famiglia di Iuvani, era stato evidenziato come il clan acquistasse i semi di marijuana anche su internet. Questo emerge da alcune intercettazioni telefoniche, in cui gli affiliati si scambiavano opinioni sui listini prezzi di diverse tipologie di cannabis. Un affare, quello delle coltivazioni, curato nei minimi dettagli, non tanto per il guadagno derivante dallo spaccio, quanto per la possibilità di stringere alleanze con altri sodalizi, sia del territorio che fuori regione.