Scommesse illegali e pizzo mascherato dalla vendita dei gadget natalizi, condannato a cinque anni e 9 mesi di carcere Michele D’Alessandro, figlio del boss Luigi, attualmente recluso al 41-bis. Per ...
Scommesse illegali e pizzo mascherato dalla vendita dei gadget natalizi, condannato a cinque anni e 9 mesi di carcere Michele D’Alessandro, figlio del boss Luigi, attualmente recluso al 41-bis. Per quello che è considerato dall’antimafia uno dei rampolli della cosca di Scanzano è arrivata la seconda condanna dopo quella incassata dal processo Cerbero a nove anni di carcere per associazione a delinquere, droga ed estorsioni. Michele D’Alessandro, 33 anni, in questo procedimento invece è stato condannato perché, secondo l’accusa, avrebbe imposto con l’aiuto di Matteo Di Lieto e del killer Antonio Lucchese, a decine di commercianti l’acquisto di gadget natalizi avvalendosi della forza intimidatoria del clan D’Alessandro, la cosca che da quasi 50 anni detta legge a Castellammare di Stabia. Insieme al figlio del boss sono stati condannati Matteo Di Lieto, 4 anni e 10 mesi, Antonio Lucchese, 6 anni e 6 mesi, Rodolfo D’Apuzzo 5 anni e 6 mesi, Roberto Di Somma, 4 anni e due mesi, e Armando Barretta, 8 mesi con pena sospesa. Tutte condanne più lievi rispetto alle richieste dell’antimafia- sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta- che aveva chiesto per il figlio del boss 6 anni e 6 mesi, stessa entità di pena per Di Lieto, Lucchese, e D’Apuzzo, un anno e 4 mesi per Barretta, 4 anni e 6 mesi per Di Somma. Si chiude quindi il procedimento di primo grado nato da un’inchiesta della guardia di finanza, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che ha fatto luce su un giro di scommesse allegali e su una rete di estorsioni messa in piedi da Michele D’Alessandro. ìLe indagini partono dalle rivelazioni del pentito Pasquale Rapicano, ex killer del clan D’Alessandro, che aveva acceso i fari su Roberto Di Somma che – secondo il collaboratore di giustizia – aveva proseguito l’attività del cognato Antonio Oscurato, deceduto nel 2012, considerato dall’Antimafia un imprenditore nel settore dei giochi e delle scommesse, da sempre vicino alla cosca di Scanzano. La tesi dell’Antimafia è che per tenere un filo diretto con il clan, Di Somma avesse assunto Rodolfo D’Apuzzo in una delle società che controllava, perché si trattava di una persona che aveva contatti diretti con la famiglia D’Alessandro e in particolare con Michele a cui tuttavia non viene mossa nessuna accusa rispetto alla raccolta illecita di scommesse. Un’attività che Di Somma, per l’Antimafia, avrebbe portato avanti in particolare assieme ad Armando Barreta. Il sistema era piuttosto semplice, perché attraverso l’apertura di finti internet point o attività di servizi, si mascherava l’interesse primario a raccogliere scommesse che solo in piccola parte venivano indirizzate su circuiti legali, per percepire le commissioni previste per gli intermediari (la finanza ha calcolato un movimento di poco più di 300mila euro in sei mesi nel 2021). Il grosso veniva bancato su siti pirata, talvolta riconducibili sin dal nome agli stessi componenti del gruppo, come nel caso di rdsbet24.com, dove “Rds” starebbe appunto per Roberto Di Somma. Partendo da un punto scommesse di via IV Novembre gestito da Armando Barretta (che nel 2018 fu candidato al consiglio comunale di Castellammare di Stabia tra le file del Movimento Cinque Stelle), gli investigatori riescono a scoperchiare il vaso di Pandora del business illegale, che racconta anche di scommettitori che accumulavano debiti fino a 10mila euro per fare le loro puntate sugli incontri sportivi. Alle scommesse sportive, poi, si aggiungevano anche gli introiti relativi ai videopoker che non erano collegati ai circuiti legali e venivano sistemati in bar e locali del territorio. Le indagini sul business delle scommesse ha poi permesso di risalire anche all’affare dei gadget natalizi, gestito da Michele D’Alessandro, con l’aiuto di Antonio Lucchese e Matteo Di Lieto. Secondo l’accusa i tre avrebbero estorto a diversi commercianti somme di denaro in cambio della vendita (imposta) di gadget natalizi. Quest’ultimi, in alcuni casi, non venivano nemmeno consegnati. Michele D’Alessandro attualmente si trova agli arresti domiciliari fuori regione per questa causa, mentre Antonio Lucchese è stato condannato all’ergastolo in settimana per l’omicidio di Antonio Vitiello, commesso nel 2008. Il processo relativo alle scommesse illegali e ai gadget natalizi si è tenuto con il rito abbreviato- anche per questo le entità delle pene è stato ridotta- di fronte al gup Marco Discepolo che ha disposto il deposito delle motivazioni della sentenza entro 90 giorni. A quel punto il collegio difensivo composto dagli avvocati Raffaella Farricelli, Mariano Morelli, Gennaro De Gennaro, Giuliano Sorrentino, Gennaro Somma, Renato D’Antuono, potrà proverà eventualmente a smontare la tesi dell’accusa in corte d’Appello.