Sulle carte era un cittadino scomparso da ormai ottanta anni, perché non si avevano sue tracce dal lontanissimo 1943. Oggi, grazie all’ex ispettore di polizia Francesco Eresiarco, su quel mistero c...
Sulle carte era un cittadino scomparso da ormai ottanta anni, perché non si avevano sue tracce dal lontanissimo 1943. Oggi, grazie all’ex ispettore di polizia Francesco Eresiarco, su quel mistero che ha tormentato per decenni la sua famiglia si ha una risposta, anche se piuttosto crudele. Mario Della Sala, nato a Castellammare di Stabia il 6 marzo 1919, è morto nel 1943 trucidato e infoibato dai partigiani jugoslavi guidati dal maresciallo Tito. L’uomo era arruolato nel corpo degli agenti di pubblica sicurezza, una sezione della polizia istituita nel 1925 dal dittatore fascista Benito Mussolini ed era in servizio a Pola, città dell’Istria dove l’Italia, negli dell’occupazione si era macchiata di crimini di guerra che hanno poi segnato la rivolta delle popolazioni slave che, alla loro riorganizzazione, si vendicarono ammazzando i funzionari fascisti ma anche degli innocenti. In questo clima di terrore e sangue si è scritta anche la sorte di un giovane stabiese di 24 anni, morto in uno dei metodi peggiori studiati dall’essere umano. Infatti, da quanto scoperto dall’ispettore ormai in pensione, il suo nome, nonostante risultasse scomparso da 82 anni, era già presente nell’elenco delle vittime ritrovate nelle foibe. La sua famiglia- alcuni suoi nipoti sono vivi e risiedono a Castellammare- per tutto questo tempo, è rimasta all’oscuro della sorte del giovane e ancora oggi non si sa dove siano i suoi resti e soprattutto se sia mai stato seppellito. Quel che è certo, e che emerge dagli archivi, è che Mario Della Sala fu ammazzato dai partigiani Jugoslavi il 4 ottobre a Gimino in Istria, l’attuale Croazia. Il suo corpo, insieme a quello di altri sfortunati, fu gettato nella foiba «Pucicchi» , chiamata anche «Villa Pucicchi» o «Puchich», una cavità carsica profonda 146 metri. La sua salma venne recuperata due mesi dopo dai vigili del fuoco di Pola al comando del maresciallo Arnaldo Harzarich. Tra le centinaia di corpi recuperati quello del giovane 24enne fu uno dei pochi ad essere riconosciuti. Un destino crudele, di quelli che non si augura nemmeno al peggior criminale. Era l’8 settembre del 1943. Le truppe delle forze alleate avevano ormai conquistato tutto il sud Italia costringendo il governo italiano ad una resa. Così quel giorno il generale Giuseppe Castellano firmò l’armistizio al suo parigrado americano Walter Smith, stabilendo di conseguenza la dissoluzione delle forze armate italiane. In Istria la situazione precipitò in un’anarchia totale. Gruppi di partigiani jugoslavi scatenarono una insurrezione che investì non solo gli esponenti fascisti superstiti ma anche l’intera comunità italiana, etnicamente maggioritaria nella regione. Una rabbia folle nata dai soprusi commessi dai fascisti e dai nazisti durante la loro occupazione nelle terre slave. Dopo la conquista dell’Istria da parte dei tedeschi, avvenuta nella prima metà del mese di ottobre, la guerriglia jugoslava continuò i suoi attacchi contro l’etnia italiana vista, a torto, come fascista nel suo complesso e culminati al termine della guerra con una vera e propria pulizia etnica costata la vita a migliaia di persone e la fuga della maggior parte della comunità italiana presente in Istria. La rabbia dei partigiani era folle, il metodo per ammazzare i loro prigionieri spietato. I disperati venivano incatenati ai piedi, o alle caviglie con delle catene e venivano messi in fila nei pressi delle cavità carsiche che erano profonde centinaia di metri. Un militare sparava al primo della fila umana che cadendo a peso morto trascinava nel dirupo il restante dei compagni. I più fortunati morivano sul colpo, gli altri, agonizzanti, spiravano nell’oscurità anche dopo diversi giorni. Questo è stato il destino di Mario Dalla Sala, rimasto oscuro ai suoi familiari per 82 anni. Lui, 24enne, insieme ad altre centinaia di giovani comunisti, slavi, e italiani, ammazzati dai fascisti, dai nazisti e dai partigiani di Tito, hanno trovato la morte in quelle insenature che ancora oggi brulicano di resti umani ancora non ritrovati.