S.Antonio Abate. 4 ricorsi pendenti in ballo, circa 200 dipendenti che temono per la loro stabilità lavorativa, e il concreto rischio che si crei l’ennesimo ecomostro abbandonato nel bel mezzo di u...
S.Antonio Abate. 4 ricorsi pendenti in ballo, circa 200 dipendenti che temono per la loro stabilità lavorativa, e il concreto rischio che si crei l’ennesimo ecomostro abbandonato nel bel mezzo di un centro urbano. Si potrebbe riassumere così la vicenda che ruota attorno alla Sonrisa, la struttura ricettiva di Sant’Antonio Abate gestita dalla famiglia Polese diventata famosa a livello nazionale per i «Matrimoni napoletani». Una struttura storica sul territorio su cui attorno ruota un indotto- tra camerieri, professionisti e manutentori- di circa 200 famiglie che lo scorso anno hanno visto vacillare il loro futuro. Tra di loro c’è chi sta pagando un mutuo, chi sognava di sposarsi e mettere su famiglia, padri di famiglia, e chi credeva di poter comprare una casa. Tutti sogni e progetti che rischiano di svanire per sempre dopo la confisca decretata dalla Corte di Cassazione della struttura. Da qui è partito l’iter del comune di Sant’Antonio Abate per acquisire la struttura a bene pubblico con il provvedimento di ritiro delle licenze ai Polese. Una questione attualmente pendente di fronte al Tar che si pronuncerà a inizio giugno. Ma l’avvocato Dario Vannetiello, che assiste la famiglia Polese, sta procedendo anche sulla revisione del verdetto di cassazione relativa alla confisca della Sonrisa. Il 3 giugno, alla Corte di Appello di Roma si discuterà la revisione del giudizio con la difesa che ha portato delle nuove prove per ribaltare il verdetto, mentre alla Corte di Appello di Napoli sono stati presentati tre- uno è stato rigettato ma è stato già effettuato un ricorso in Cassazione- incidenti di esecuzione proposti dalle aziende che gestivano il castello delle cerimonie. Giovedì si discuterà per la posizione della Sonrisa spa, la ditta che aveva in gestione la porzione più ampia della struttura. «Non quale avvocato della famiglia Polese, ma quale italiano, quale uomo del sud, faccio un accorato appello alle istituzioni, in particolare alla sindaca di Sant’Antonio Abate , Ilaria Abagnale, ed al Prefetto di Napoli, Michele Di Bari, di trovare una intesa, nel rispetto delle norme, per consentire alla storica famiglia Polese di continuare a far “vivere“ il Castello delle Cerimonie e con esso le numerosissime famiglie che da anni vivono grazie al lavoro che ivi svolgono- ha detto l’avvocato Dario Vannetiello- Certo sarà mio compito cercare di trovare la strada giuridica per cancellare la ingiusta confisca. Ma già prima dei tempi necessari alla magistratura per rivalutare la vicenda alla luce dei nuovi temi giuridici e delle prove nuove da me introdotte urge, una soluzione amministrativa dettata dal buon senso». Un buon senso dettato anche dal ruolo sociale che la struttura ha sul territorio: «Ogni mese solo per la indennità di occupazione i Polese versano al comune circa 30mila euro. Non solo, come tassa di soggiorno nell’anno scorso hanno versato 35mila euro, alle quali si aggiungono quelle relative al pagamento della Tari pari a 34mila euro- spiega l’avvocato Vannetiello- Consentire al Castello di continuare ad operare, in aggiunta al sensibile tema della occupazione, equivale anche a garantire una forte entrata nelle casse comunali, denaro che può essere utilizzato a beneficio della intera comunità».