«Voglio dire a chi ha il compito di proteggere e garantire sicurezza che noi non ci sentiamo al sicuro». Comincia così una delle tre lettere che gli studenti delle scuole secondarie di II grado han...
«Voglio dire a chi ha il compito di proteggere e garantire sicurezza che noi non ci sentiamo al sicuro». Comincia così una delle tre lettere che gli studenti delle scuole secondarie di II grado hanno scritto e indirizzato ieri mattina al Prefetto di Napoli Michele di Bari. Senza timore, con il coraggio negli occhi e la speranza nel cuore, hanno condiviso – dinanzi ad una platea di studenti e autorità militari, religiose e politiche – quello che ogni giorno vivono. Lo hanno fatto in occasione della cerimonia in ricordo di Matilde Sorrentino, la “mamma coraggio” uccisa il 26 marzo del 2004 per aver avuto la forza di denunciare, assieme ad altre poche mamme, gli abusi sessuali che suo figlio, ed altri bambini, erano costretti a subire. Nel 1997 varcò la caserma dei carabinieri vomitando gli orrori e quell’inferno che i piccoli non ebbero il coraggio di raccontare ai loro genitori. Sette anni dopo fu uccisa. Punita perché non si era girata dall’altra parte. Pochi giorni dopo l’omicidio della donna, venne arrestato Alfredo Gallo, 26 anni, confessa l’omicidio. Nel 2005 la Corte d’Assise di Napoli condanna Gallo all’ergastolo, indicandolo come esecutore materiale dell’assassino di Matilde, condanna divenuta definitiva e solo dopo 14 anni, Francesco Tamarisco l’uomo ritenuto il mandante dell’assassinio è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare. Ieri, nella casa salesiana i ragazzi della comunità, dedicata proprio a Matilde Sorrentino e alla comunità Peppino Brancati, hanno ricordato lei alla presenza del prefetto di Napoli, del papà di Annalisa Durante, Giannino, del sindaco Corrado Cuccurullo e l’assessore Tania Sorrentino, con il supporto di don Tonino Palmese e di don Francesco, direttore della casa salesiana. Un’ora per ricostruire la figura di quella “mamma coraggio” e la storia delle vittime di camorra: troppe quelle che Torre Annunziata deve ricordare ancora. Lo fanno gli studenti con un video, lo fanno mettendo a nudo le loro paure in quelle lettere che diventano un appello alle istituzioni: «La paura è diventata una compagnia – scrivono ancora – quotidiana per tanti i noi, e ogni giorno ci chiediamo se possiamo davvero contare su di voi. La violenza, le armi, le ingiustizie non sono più eventi rari, ma una realtà con cui ci dobbiamo confrontare troppo spesso ed è fondamentale che ci siano più controlli, più attenzione e più vigilanza. Le forze dell’ordine devono essere una presenza costante e rassicurante, non solo nei momenti di emergenza ma nella quotidianità, abbiamo bisogno di vedere che la nostra sicurezza è una priorità, che chi abusa delle violenza viene fermato prima che possa fare altro danno». Il Prefetto li fissa e non perde di vista nemmeno uno di quegli studenti. Incrocia i loro occhi, prende appunti e ogni parola di quei ragazzi diventa il rovescio di una medaglia: da un lato la paura, dall’altro la voglia di riscatto e speranza. «Negli ultimi tempi la nostra città è stata teatro di eventi inqualificabili e degradanti – incalzano – quasi ogni giorno si verificano furti nei negozi e negli appartamenti, spesso con persone in casa che subiscono minacce o maltrattamenti. Di conseguenza l’intera comunità vive nella costante angoscia e paura di essere derubata; perdendo la tranquillità, tutti reagiscono come possono sentirsi più sicuri: si chiude sempre la porta con doppia mandata o si installano molteplici antifurti o addirittura si organizzano ronde notturne».E ancora: «Un’ altra piaga è l’uso sempre più diffuso di droga tra i giovani, che arrivano a spacciare anche in luoghi pubblici come la scuola. Ciò ha turbato molto noi studenti, che vediamo nella scuola un posto sicuro, accogliente in cui ci formiamo tutti i giorni per diventare persone mature e colte, ma soprattutto onesti cittadini». Sono un fiume in piena: stringono i fogli tra le mani che tremano per l’emozione «Noi ragazzi torresi siamo anche costretti a vivere nell’inquietudine ogni volta che usciamo la sera per divertirci: tanti giovani si pongono il problema di tornare a casa da soli, senza essere accompagnati. Per non parlare delle scarse opportunità lavorative e delle prospettive per il futuro che ci sono negate. Di conseguenza, rassegnati, molti ragazzi appena possono vanno via, scappano e si trasferiscono in altre città, che offrono condizioni di vita migliori. Infatti, la fuga ci sembra l’unica soluzione, perché in tutto questo degrado non riusciamo nemmeno a immaginare una possibilità di cambiamento, un futuro in cui la nostra città possa essere migliore di così e pensiamo sia vana la speranza di farla rinascere. D’altronde, siamo noi cittadini la vera condanna della nostra città: con il nostro atteggiamento omertoso, superficiale e indifferente la stiamo mandando definitivamente in rovina».«Accolgo tutto quello che avete detto e proverò a darvi delle risposte concrete ma da soli non si va mai da nessuna parte», spiega il Prefetto di Napoli e si complimenta con Simone, un ragazzo ospite della comunità salesiana di Mamma Matilde che ha disegnato un albero dai rami colorati diventato lo sfondo del segnalibro regalato a tutti i presenti «voi siete i rami di questa società, dovete essere dinamici, abbattere le mura dell’omertà, essere voi prima di tutti responsabili per costruire il cambiamento come Matilde». Alla fine della mattinata il prefetto ha assaggiato le pizzerie ragazzi del laboratorio di Mani in Pasta, giovani ospiti della comunità che felici ed emozionati hanno scambiato le loro storie con il Prefetto.