Droga, estorsioni, agguati. C’è di tutto nelle 11 misure cautelari emesse e indirizzate ad altrettanti esponenti dei clan di Torre Annunziata. Un colpo durissimo alla camorra oplontina. L’opera...
Droga, estorsioni, agguati. C’è di tutto nelle 11 misure cautelari emesse e indirizzate ad altrettanti esponenti dei clan di Torre Annunziata. Un colpo durissimo alla camorra oplontina. L’operazione condotta dai carabinieri di Torre Annunziata, su coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha portato all’emissione di 11 misure cautelari per reati legati allo spaccio di droga e alle estorsioni. Il provvedimento, emesso dalla decima sezione del Tribunale di Napoli dopo l’appello del pubblico ministero Valentina Sincero, rappresenta un passo decisivo nella lotta al controllo mafioso del territorio. L’indagine ha svelato una fitta rete criminale che, con metodo mafioso, imponeva il pizzo a imprenditori, ristoratori, aziende e persino agenzie funebri. L’attività investigativa ha ricostruito un quadro di doppia guerra per il predominio del territorio: una basata su atti intimidatori e agguati come nel caso di quelli ai danni di Giuseppe Carpentieri, ad opera del Quarto Sistema, e Salvatore Gallo; l’altra fatta di puro stampo economico, legata a predominio nel traffico di droga e nelle estorsioni agli imprenditori. Il pizzo era imposto con cadenza fissa e periodica, in occasioni come Natale, Pasqua e Ferragosto, ma anche nel difficile periodo del Covid, quando le attività erano già in ginocchio. Agenzie di scommesse, ristoranti, attività commerciali e imprenditori: nessuno era escluso dalla morsa estorsiva dei clan. Per imporle, come dimostra un episodio documentato dai militari, venivano utilizzati anche dei minorenni. Uno dei settori più colpiti dalle richieste estorsive è stato quello delle onoranze funebri, da sempre nel mirino della criminalità organizzata. Da un lato il Quarto Sistema, che arrivava a chiedere anche pagamenti di 4500 euro, dall’altro il sodalizio formato dalla famiglia dei Valentini e quella dei Gallo-Cavalieri. L’inchiesta ha infatti svelato il meccanismo con cui i clan imponevano una tangente unica da 250 euro per ogni funerale, somma che veniva poi ripartita tra le due famiglie camorristiche. Un business redditizio che, nel tempo, ha persino portato ad una tregua nella storica rivalità tra il clan Gionta e il clan rivale dei Gallo-Cavaliere, sfociando in un vero e proprio patto di spartizione. In una intercettazione risalente a qualche anno fa, Carmela Gionta, sorella di Valentino Gionta, boss dell’omonima famiglia, parlava esplicitamente della volontà di «dividere i posti di lavoro, metà ai Gallo e metà ai Gionta», stabilendo un equilibrio criminale basato sul profitto illecito. L’ordinanza è stata eseguita nei confronti di 11 persone, 9 sottoposte alla custodia cautelare in carcere e 2 agli arresti domiciliari. Tra i nomi degli arrestati compaiono: Giuseppe Agnello, Giuseppe Carpentieri, Luca Cherillo, Pasquale Cherillo, Giuseppe Colonia, Carmine De Rosa, Salvatore Gallo, Salvatore Abbellito e Gennaro Gallo Battipaglia – entrambi difesi dall’avvocato Giuseppe De Luca – e poi Giuseppina Monaco e Luisa Monaco, entrambe ai domiciliari. L’inchiesta ha avuto un iter giudiziario complesso. Il Giudice per le indagini preliminari Fabio Provvisier, inizialmente, aveva negato la misura cautelare, ma il pubblico ministero Valentina Sincero ha presentato appello al Tribunale del Riesame, che ha poi accolto la richiesta, emettendo l’ordinanza eseguita dai carabinieri. Non è previsto l’interrogatorio di garanzia, mentre per chi ha fatto ricorso in Cassazione l’ordinanza non è ancora eseguibile. L’udienza preliminare è fissata per domani presso l’Ufficio quinto gip di Napoli. Le indagini hanno svelato il modus operandi tipico della camorra, in cui l’estorsione rappresenta non solo un mezzo di guadagno, ma anche un’arma di controllo sul tessuto economico cittadino. I clan imponevano il pizzo con metodi intimidatori, esercitando un dominio asfissiante sulle attività commerciali. Accanto alle estorsioni, l’inchiesta ha nuovamente fatto luce sul traffico di droga oplontino che rappresenta l’altro grande pilastro su cui si regge l’economia criminale. Gli inquirenti hanno ricostruito una rete capillare di spaccio che garantiva ingenti profitti ai clan. L’organizzazione, ben strutturata, si occupava della distribuzione di stupefacenti su tutto il territorio, con una gerarchia interna ben definita e compiti precisi affidati ai vari sodali. L’operazione rappresenta un nuovo segnale dello Stato nella lotta alla camorra, un colpo assestato a una struttura criminale che per anni ha imposto la sua legge a Torre Annunziata. Tuttavia, le radici del sistema mafioso sono profonde e la battaglia contro il potere dei clan non è ancora vinta. Ora si attende l’evoluzione del procedimento giudiziario, ma una cosa è certa: la criminalità organizzata oplontina ha subito un duro colpo e la città di Torre Annunziata ha un’occasione per sottrarsi al giogo camorristico.