Matteo De Micheli, presidente della sezione di Torre Annunziata dell’Associazione Nazionale Magistrati, perché vi opponete alla separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti?
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Matteo De Micheli, presidente della sezione di Torre Annunziata dell’Associazione Nazionale Magistrati, perché vi opponete alla separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti?
«Perché la separazione delle carriere non risolve alcuno dei veri problemi della giustizia italiana e perché non ha nulla a che fare con il principio della terzietà del giudice che del resto è già garantito dalla nostra Costituzione. Siamo di fronte ad un’assurda propaganda che mette l’accento su questo tema ogni volta che si parla di processi nei quali ci sono imputati eccellenti».
Però chi sostiene le ragioni della riforma costituzionale dice che servirebbe a cambiare una realtà nella quale il magistrato giudicante assorbe spesso, e inevitabilmente, la cultura del pubblico ministero.
«Non sono d’accordo. I dati ci dicono che le assoluzioni da parte del giudice, a fronte di una richiesta di condanna del pubblico ministero, riguardano più del 50 per cento dei casi. Non esiste un allineamento, che sarebbe becero, dei giudici alle tesi accusatorie del pubblico ministero. In quanto alla contaminazione dico che esiste nella misura in cui pm e giudici lavorano nel medesimo plesso ma esistono gli stessi rapporti di rispetto che esistono con il personale amministrativo oppure con gli avvocati del foro. Per esperienza dico che una volta superato lo stesso concorso ognuno sceglie la propria strada, addirittura ci si perde di vista, finiamo per essere sparpagliati in varie regioni d’Italia».
La riforma mette in discussione l’obbligatorietà dell’azione penale?
«Io mi chiederei: assodato che la separazione non risolve i problemi della giustizia perché èè diventata una priorità nell’agenda di governo? Qual è l’obiettivo? E rispondo alla sua domanda: c’è la volontà di sottoporre il pubblico ministero ad un controllo governativo. Una volta che il pubblico ministero si ritroverà sotto il controllo del governo finirà anche l’obbligatorietà dell’azione penale perché spetterà al governo stesso dare direttive e linee guida su quali reati perseguire». Questione Csm. I magistrati si oppongono allo sdoppiamento, ma ancora di più al sorteggio dei rappresentanti da nominare all’interno. Il governo sostiene che il sorteggio eliminerebbe il problema delle correnti.
«Partiamo col dire che un secondo Consiglio Superiore della Magistratura sarebbe un doppione a livello di spese. Il sorteggio, poi, non inciderebbe per nulla su quella che il governo chiama logica delle correnti. Ma anche qui, dobbiamo essere chiari: intanto anche i magistrati, come tutte le categorie professionali, hanno il diritto di votare i propri rappresentanti e di avere un’opinione. E’ offensivo scipparci del diritto di sceglierci i rappresentanti. Vede, il problema non sono le correnti di base, e lo dice uno che non appartiene ad alcuna corrente, il problema semmai è l’alternanza tra la politica e la magistratura. Faccio qualche esempio: siamo 9mila toghe e il famoso scandalo dell’hotel Champagne ha riguardato solo cinque o sei colleghi. Le chat di Palamara, invece, hanno riguardato al massimo 150 magistrati. Il vero problema è il “collateralismo”, l’Hotel champagne è stato uno scandalo non tanto perché si erano incontrati dei magistrati del Csm, ma perché in quell’incontro c’erano anche politici eccellenti, tra l’altro imputati per gravi delitti. Insomma, le pare che il sorteggio risolva queste storture? No. E poi, chi ci assicura che vengano sorteggiati magistrati estranei alle correnti, o peggio, che una volta nominati, non avendo meriti o preparazione, non siano facilmente manipolabili dalla politica?».
E’ innegabile che nel momento più alto dello scontro tra i poteri dello Stato è difficile trovare una sintesi. Si respira un clima da resa dei conti dentro il quale è impossibile dialogare.
«Per quanto riguarda la magistratura non si tratta di una resa dei conti, noi vogliamo solo evidenziare quali sono i pericoli nascosti dietro questa riforma costituzionale. Abbiamo scioperato non come atto di forza nei confronti del governo ma per spiegare ai cittadini che questa riforma modifica gli equilibri costituzionali e che cela la volontà del governo di sottoporre il pubblico ministero al suo controllo. E questo metterà al riparo da indagini e inchieste i colletti bianchi. Ponetela come vi pare, ma la riforma infrangerà il principio fondamentale per il quale siamo tutti uguali davanti alla legge».
La riforma spacca anche la politica. Il centrosinistra è diviso, ma lo è anche il centrodestra. Il sottosegretario Delmastro ha criticato la riforma, lo stesso Nordio ha detto che non inciderà sui tempi biblici dei processi.
«Le beghe politiche non ci interessano. Devono spiegare loro perché sostengono tutto e il contrario di tutto. Noi siamo preoccupati degli effetti di questa riforma sulla collettività. Certo, l’ambiguità della classe politica dovrebbe essere uno spunto di riflessione per il cittadino».
Delmastro ha detto che i pm divoreranno i giudici.
«Delmastro ha detto ciò che diciamo da mesi. Tra magistrati c’è un rapporto di rispetto istituzionale ma c’è anche la cultura della giurisdizione che non porterà mai uno squilibrio tra giudici e pubblici ministeri, siamo tutti per l’accertamento della verità».
E’ innegabile che la magistratura abbia vissuto, e vive ancora, un preoccupante calo di credibilità nell’opinione pubblica.
«Sicuramente lo scandalo dell’hotel Champagne non ci ha aiutato, e ancor meno aiuta l’incapacità nostra di raccontare il profondo rinnovamento a fronte di quegli scandali. Ma il calo di credibilità deriva anche dalla politica, che negli ultimi decenni, senza esclusione di colori, ha continuato ad attaccare i magistrati». Secondo voi, quali sono i veri problemi della giustizia in Italia?
«Partirei dalla carenza di magistrati. Questo è un dato oggettivo. Noi oggi deleghiamo quasi la metà della nostra attività in udienza ai vice-procuratori onorari e così accade per i giudici che delegano i giudici onorari. Metà della giurisdizione viene amministrata da soggetti che non sono magistrati togati. Senza contare che i giudici monocratici si ritrovano ad avere fino a 25 processi al giorno. Un carico di lavoro inaccettabile. Inoltre manca il personale amministrativo e un’udienza senza un cancelliere non si può tenere, tanto per intenderci. Dobbiamo parlare anche delle risorse materiali che non esistono: nei tribunali manca persino la carta per stampare gli atti».
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