S.Antonio Abate. Droga, contanti e bilancini di precisione all’interno di un centro di spedizioni non lontano dal centro cittadino. Lo hanno scoperto i carabinieri di Sant’Antonio Abate supportati...
S.Antonio Abate. Droga, contanti e bilancini di precisione all’interno di un centro di spedizioni non lontano dal centro cittadino. Lo hanno scoperto i carabinieri di Sant’Antonio Abate supportati da quelli di Castellammare che hanno tratto in arresto tre persone con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Birul Iryna, 32enne ucraina, Mirko Calabrese, 38 anni, e Pasquale D’Auria, 24 anni, tutti già noti alle forze dell’ordine, si trovano nel carcere di Poggioreale in attesa dell’udienza di convalida di fronte al giudice per le indagini preliminari. I tre sono stati arrestati in flagranza di reato, mentre stavano confezionando delle dosi di crack. I militari erano sulle loro tracce ormai da giorni e giovedì sera sono entrati in azione all’interno del centro di spedizione riconducibile a Calabrese. I carabinieri durante le operazioni di perquisizione, in particolare, hanno rinvenuto 607,5 grammi di crack, 230 euro in contanti suddivisi in banconote di vario taglio, bilancini di precisione, materiale per il taglio e il confezionamento della sostanza stupefacente e diversi telefoni cellulari. Insomma un vero e proprio punto di stoccaggio per la messa in vendita della cocaina, situato a via Stabia, a poche centinaia di metri dal centro cittadino abatese. L’operazione si inserisce, con molta probabilità, in un’indagine più grande e che sta facendo luce sui canali di rifornimento della droga a Sant’Antonio Abate. Un asse che legherebbe la cittadina dei Lattari a Torre Annunziata, e precisamente al clan Gionta. Mirko Calabrese, in particolare, è ritenuto dagli inquirenti, vicino agli ambienti del gruppo criminale abatese fondato pochi anni fa dal ras Luigi Verdoliva, attualmente in carcere dove sta per terminare di scontare la sua pena. Dalle informative dei carabinieri infatti sono emersi più di qualche contatto tra il gruppo di Verdoliva con il clan dei Valentini. Un patto di ferro siglato su accordi per la cessione all’ingrosso di cocaina, visto i rapporti che legano i Gionta ad alcune cosche calabresi che hanno le loro ramificazioni fino al sud America, dove viene coltivata la pianta della coca. Una strada, quella che lega Torre Annunziata a Sant’Antonio Abate, che gli 007 stanno seguendo da tempo con nuove informazioni che potrebbero essere date dalle perizie che verranno disposte sui telefoni cellulari sequestrati nel centro di spedizioni. Infatti, e lo riportano anche le carte dell’ultima maxi inchiesta sullo spaccio, l’indagine “Amico Mio”, e che ha portato due settimane fa a 51 arresti, le comunicazione tra i narcos, i pusher e i clienti al fine di evadere i controlli delle forze dell’ordine, venivano utilizzati dei “telefoni citofono”, prettamente intestati a cittadini extracomunitari. Un sistema, tipicamente torrese, forse esportato anche a Sant’Antonio Abate. Quel che certo è che l’attenzione sulla cittadina dei Lattari delle forze dell’ordine e dell’antimafia è altissima, anche in virtù delle bombe esplose nelle abitazioni di alcuni imprenditori. L’obiettivo è quantomeno provare a ricostruire la nuova geografia criminale che si è creata dopo l’azzeramento del clan Fontanella, la storica cosca egemone di Sant’Antonio Abate. L’ipotesi è che sugli affari criminali della cittadina abatese abbiano messo le mani anche alcune cosche dell’Agro e di Castellammare di Stabia. @riproduzioneriservata