«Annamaria, sei la mia vita. Per sempre, ti amo». Poche parole scritte su un biglietto, accompagnate da una rosa rossa. Il tutto posato con cura sul parabrezza di un’auto parcheggiata a Torre Annunziata, con un gesto che richiama un romanticismo d’altri tempi. Dietro a quel messaggio c’è Giovanni, un uomo che probabilmente ha riflettuto a lungo prima di decidersi a compiere quel passo. Eppure, la storia prende una piega del tutto inaspettata. Poche ore dopo, sullo stesso parabrezza, compare un secondo biglietto. «Caro Giovanni, hai sbagliato auto perché sono felicemente sposato. Io non sono Annamaria, mi chiamo Mario». Una risposta tanto diretta quanto surreale, che trasforma l’intensità romantica in un momento di ironia, forse persino di imbarazzo. La scena si compone quasi da sola: Giovanni che, con il cuore in gola, scruta il parcheggio da lontano, attendendo di vedere Annamaria leggere il suo messaggio; Mario, che trova invece il biglietto e si ritrova a fare i conti con una dichiarazione che non gli appartiene. Questo piccolo episodio, tra l’umorismo e il paradosso, mette in luce qualcosa di profondo. In un mondo dove la comunicazione è spesso filtrata da schermi e ridotta a pochi clic, il gesto di Giovanni risplende per autenticità. È il tentativo, forse maldestro ma genuino, di far prevalere i sentimenti su una realtà che tende sempre più a disconnettersi dalle emozioni autentiche. Anche se l’amore non ha trovato il destinatario giusto, il valore del gesto resta intatto: il coraggio di amare e di provarci nonostante i rischi.
CRONACA
4 dicembre 2024
Biglietto d’amore sull’auto sbagliata: corsa al Lotto a Torre Annunziata