Ercolano. Sarebbero stati 5-10 chili chili di miscela esplosiva a determinare lo scoppio che, lo scorso 18 novembre, ha devastato la fabbrica clandestina di fuochi d’artificio uccidendo tre giovani lavoratori in nero, a Ercolano. Ma, durante i controlli di quelle pericolose polveri non ancora miscelate, di chili ne sono stati trovati ben 350. E’ quanto emerge dalle indagini dei carabinieri e della Procura di Napoli, che ieri sera hanno compiuto un ulteriore passo in avanti con il fermo del proprietario dello stabile, uno dei due indagati. I sostituti procuratori Stella Castaldo e Vincenzo Toscano contestano al 38enne Pasquale Punzo, titolare di fatto dell’abitazione trasformata in fabbrica, l’omicidio volontario plurimo con dolo eventuale in concorso, la detenzione e la fabbricazione di materiale esplodente non convenzionale e anche il reato di caporalato, in concorso. Il provvedimento è stato emesso in relazione al pericolo di fuga dell’indagato che, secondo gli investigatori, anche nella veste di gestore della produzione dei botti illegali, avrebbe accettato il rischio che i ragazzi, suoi dipendenti “in nero”, inesperti, rischiassero la vita maneggiando la cosiddetta polvere flash, miscela altamente instabile nella casa di via Petacca. Non solo. Li avrebbe pagati appena qualche centinaia di euro alla settimana (250 al ragazzo deceduto e appena 150 ciascuna alle due ragazze), approfittando dello stato di necessità in cui versavano.
Della tendenza di Punzo di rendersi irreperibile aveva parlato anche una sorella delle gemelle, ascoltata dai militari, ai quali disse che il giorno della tragedia fu proprio lui ad accompagnare la madre in via Patacca e di essersi poi dileguato, dopo averle detto che alle figlie non era successo nulla. A perdere la vita quel tragico lunedì furono tre ragazzi intenti a preparare potenti fuochi di artificio illegali chiamati “Rambo K33”, da vendere in vista delle festività natalizie.
Le gemelle Sara e Aurora Esposito, 26 anni, e il 18enne Samuel Tafciu, due dei quali anche genitori di altrettante bimbe. I corpi delle due donne vennero trovati dai soccorritori a qualche metro di distanza l’uno dall’altro mentre quello del 18enne, verosimilmente più vicino al punto della casa in cui è avvenuta la deflagrazione, venne rintracciato a ben 50 metri dal luogo dello scoppio.
Le due giovani, secondo quanto riferito dai loro parenti, da tempo lavoravano per Punzo, che le accompagnava sul posto di lavoro insieme a Samuel, dopo averle prelevate dalla casa dove abitavano con un furgone di una sua ditta o con la sua auto personale, una Punto.
Prima che dalla provincia si trasferissero a Napoli, nel quartiere Ponticelli, in una casa fatiscente trovata da Punzo dopo che le era stato notificato uno sfratto, anche la madre delle gemelle lavorava per la produzione dei botti, ma svolgendo attività meno pericolose, in sostanza metteva degli adesivi.
Mentre ad occuparsi della realizzazione dei fuochi d’artificio pare fosse proprio Samuel. Nell’inchiesta è indagata anche la ex compagna di Punzo, Giulia Eboli, madre della 13enne formalmente proprietaria dell’abitazione in cui si è verificata la potente deflagrazione.