Un tredicenne ferito con un coltello alla coscia sinistra mentre giocando a pallone con altri amici nei pressi di piazza Gramsci a Guugliano. Lo ha colpito un bambini di 10 anni che voleva sottrargli il pallone. E’ l’ennesimo episodio di violenza tra Napoli e provincia che vede protagonisti ragazzini. Don Angelo Parisi, decano dei parroci di Giugliano e Qualiano mastica amaro: «Faccio un’amara constatazione: credo che la città sia ormai abbandonata. La prima esigenza è quella dei controlli, soprattutto da parte degli adulti. Non è normale che un ragazzino abbia un coltellino in tasca». Per don Luigi Merola le responsabilità sono anche degli adulti. «Pensiamo a inasprire le pene ai minori, ma se minore sbaglia, ha sbagliato prima l’adulto a non fare al meglio il suo ruolo di genitore», dice il fondatore dell’associazione ‘A voce d”e creature”. «Servono decisioni severe, serve inculcare il rispetto dello Stato. Servono segnali forti e un controllo più serrato anche sui minori: chi ha 10 anni oggi viene già da diverse esperienze di strada. Ai genitori dico: invece di farli avvicinare a modelli di violenza, non solo dalla criminalità organizzata, si predichi la condivisione, il dialogo». Don Patriciello, parroco anticamorra di Caivano, aggiunge: «Dobbiamo porci quella domanda, con serietà: ragazzi, cosa vi succede? E ai genitori di questo bambino, che non conosco, chiedo: come è stato educato? L’età media scende sempre di più nei casi di violenza minorile. Si deve far rete, presto, tutti, senza paura di dire quello che non va». E continua: «Tanta gente ha paura di ammettere la realtà, cioè che viviamo un momento difficile, da affrontare in modo serio, non ci sono risposte semplici, non possiamo dire che tutto va bene per non mettere in crisi il turismo. Conosco solo una parola magica, ossia fare “rete”, ricordando che ciò che chiama in causa i bambini, coinvolge gli adulti. Penso ai social, dove i bambini vedono quello che vogliono, il torbido ha fascino sui bambini».
CRONACA
18 novembre 2024
Tredicenne accoltellato da un bambino. L’urlo dei parroci: «Territori abbandonati e adulti colpevoli»