Arriva oggi in aula la legge sul terzo mandato. E dopo le dichiarazioni di Elly Schlein la partita tra il Pd e De Luca si complica.
Federico Conte, ex parlamentare, presidente dell’associazione “Cittadino Sud”: cosa pensa del terzo mandato?
«Ho già espresso in passato la mia contrarietà sul piano culturale all’idea del terzo mandato. L’idea che una stessa persona possa governare per 15 anni una regione di 6 milioni di abitanti, grande quanto l’Austria, è un’idea che non sta nel nostro ordinamento giuridico. Se i sindaci di comuni superiori a 15.000 abitanti non possono candidarsi mi pare una ratio giuridica prima che politica. Poi che lo possa fare il presidente di una regione lo trovo assurdo. Se un dirigente di lungo corso di un partito importante come il Partito Democratico mette in crisi il suo stesso rapporto di appartenenza, per proporsi nuovament,e vuol dire che il desiderio di potere più forte dell’equilibrio della politica».
Domenica sera la segretaria nazionale Schlein di fatto ha chiuso la discussione.
«Io credo che la discussione fosse già chiusa. Il Partito Democratico ha già votato al Senato contro la proposta del cosiddetto terzo mandato. Non solo: il Movimento Cinque Stelle, AVS, ma anche Azione e soprattutto Fratelli d’Italia, il partito che esprime il premier hanno votato contro. A favore soltanto la Lega che è legata all’affare Zaia e Italia Viva. Insomma una maggioranza schiacciante che significa di come l’idea di un equilibrio nell’esercizio dei poteri istituzionali governi la scena politica. Del resto noi in Campania abbiamo una prova chiara di come il potere sovrabbondante dell’esecutivo e della giunta guidata da De Luca sul consiglio regionale abbia modificato e in peggio il rapporto con gli elettori. Da anni viviamo una forma di elezionismo, ma di elezioni per cui più che votare per due programmi alternativi si vota per due persone alternative che attrezzano una coalizione per candidare se stessi ed esercitare poi, come successo con De Luca, in maniera svincolata il potere. Il rapporto elettorale di De Luca col PD è inversamente proporzionale: più è cresciuto il suo consenso elettorale, più è diminuito quello del partito democratico».
Eppure le trattative ci sono state?
«La segretaria ha dato un’indicazione chiara. Peraltro è noto, perché riportato dalla stampa, che prima di fare questa sortita tra l’altro anche di stile elegante, si è praticata in un tentativo chiaro per far desistere De Luca. Gli ha chiesto: dacci una mano a costruire una proposta nuova o un nuovo gruppo dirigente, ripartiamo dalle cose buone della tua amministrazione e costruiamo un nuovo assetto per rilanciare la coalizione. Ebbene dopo questa apertura l’irrigidimento del del presidente De Luca, secondo me, non ha più giustificazioni politiche: è antistorico».
In mezzo c’è la mediazione del gruppo consiliare che non sta vivendo giorni facili.
«Io guardo con grande rispetto al lavoro fatto dai consiglieri regionali, dal capogruppo Mario Casillo perché hanno provato a trovare una formula, diciamo tipicamente moderata, di equilibrio tra le due spinte dicendo: voteremo una legge che ha un contenuto tecnico,però sia chiaro che questa legge non pregiudica la scelta del candidato presidente che verrà riservata quando sarà la coalizione. Cioè non è una legge ad personam, questa è la sintesi giornalistica più efficace. Però questo è sul piano formale, ma sul piano della realtà sostanziale la storia di De Luca e della Campania ci dicono, senza mezzi termini, che questa legge verrà da lui strumentalizzata per riproporre la sua candidatura».
Era la sua prima scelta?
«Io credo che, in prima battuta, egli abbia pensato di poterlo fare con il Pd. Avrà pensato: tanto poi sempre da me verranno. Ora, dopo la presa di posizione della segretaria, resta un’opzione subordinata quella di un’avventura solitaria e terzopolista, una scelta tutta civica del presidente. Io spero che lui ci ripensi perché ha una storia gloriosa alle spalle di dirigente di partito prima e di amministratore poi che sarebbe un peccato compromettere e anche perché si può ripartire dalla sua esperienza e rilanciare costruendo un nuovo gruppo dirigente qualificato in Campania. Sarebbe veramente un peccato chiudere la carriera assumendosi la responsabilità della sconfitta del centrosinistra».
Questo sarebbe l’esito?
«Si perchè questa discussione ha una anomalia di fondo: si svolge tutta dentro il nostro campo facendo un favore totale e gratuito al centrodestra, che è un emulo disadorno del centrodestra nazionale senza neanche una personalità come quella della Meloni che possa interpretarlo, senza idee, senza proposte e lo ha dimostrato rispetto all’opposizione scadente che ha svolto in questi anni».
Pensa che si possa arrivare a uno scontro senza ritorno tra Pd nazionale e regionale?
«Premesso che chi si candidasse con De Luca sarebbe già fuori dal partito. Ora, però, il tema è costruire dei percorsi per tenere il più possibile unita la comunità del Pd. Questa è una responsabilità che si dovrebbe assumere innanzitutto De Luca. Un ruolo che stanno provando a svolgere con grandi difficoltà i consiglieri regionali».
Qual è la strada che deve intraprendere il Pd in questo momento di difficoltà?
«Il Pd deve recuperare la vocazione maggioritaria che immaginò Veltroni senza commettere l’errore del solipsismo di quella stagione: deve mettere insieme forze alleate rispetto a un progetto non a un partito o un leader. L’esempio, paradossalmente, viene dalla Liguria: un candidato di alto profilo identitario come Andrea Orlando con un programma riformista radicale, che è un apparente ossimoro, su sanità, su infrastrutture sull’istruzione, sull’assistenza sociale perde di un’incollatura ma porta il Pd al 28%».
Teme che la missione di De Luca sia solo quella di salvaguardare la sua missione politica?
«Basti ricordare che quando De Luca vince in Campania con quasi il 70%, al tempo del Covid, il Pd a stento raggiunge il 17% partiva dal 20% la volta precedente. Il modello su cui dobbiamo lavorare è fatto fatto di proposte, di programmi, di idee, di comunità secondo una schema orizzontale e non di uno svolgimento unicamente verticale che quello a cui abbiamo assistito prevalentemente in Campania il cui modello produce i frutti che vediamo».
Secondo lei De Luca ha una exit strategy?
«Sinceramente non lo so se ci sia o meno. Però, d’altro canto, io credo che De Luca abbia dimostrato nella storia di avere grandissime capacità di trattative, di negoziare fino alla fine. La sua forza sta nelle affermazioni e nelle prese di posizione: gli va riconosciuta la capacità di trovare una sintesi. Spero che trovi questo spazio il prima possibile perché i danni che sta facendo alla comunità del PD tutti i giorni sono notevoli ma sono ancora rimediabili secondo me».
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