Che un professore di economia dimentichi la Costituzione è un problema serio. Che lo faccia un sindaco cha ci ha appena posato sopra una mano giurando di osservarne ogni principio, il problema da serio diventa gravissimo. Che poi il corto circuito appanni i lumi di un primo cittadino cresciuto, a suo dire, a pane e socialismo in una terra di conquista di diritti sociali e civili, allora alla gravità si aggiunge anche l’imbarazzo. Il discorso del sindaco di Torre Annunziata letto durante il consiglio comunale a Palazzo Criscuolo è la dimostrazione che la voglia di mettere il bavaglio all’informazione non ha nulla a che fare con il Dna politico, ammesso che di politica si possa ancora parlare in questo Paese. è la dimostrazione che il terribile virus ha contagiato tutti: dal centrodestra al centrosinistra. L’articolo 21 della nostra Carta Costituzionale recita: «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». E inizia così: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
Non c’è scritto, ma lo aggiungiamo umilmente qui: la libertà di espressione vale anche nel caso del monologo del primo cittadino, che invece di parlare concretamente della rinascita della città, ha scelto di attaccare la stampa. Che ha scelto di utilizzare metà del tempo a disposizione per illustrare le sue teorie sulla classificazione del giornalismo, dividendolo in sostanza tra buono e cattivo, tra quello che lui apprezza e quello da mettere alla gogna, perché, così lo ha definito più o meno, è il nemico della comunità. Roba da Ventennio, insomma. Quando il potere additava il nemico pubblico da prendere di mira e lo lasciava in pasto alla folla. Non ha avuto il coraggio di elencare i nomi nelle sue liste di proscrizione, il sindaco, si è «solo» limitato a tracciare l’identikit dei giornalisti indesiderati, arrivando a puntare l’indice contro qualcuno in particolare, definito «scorretto dal punto di vista intellettuale, che si dichiara indipendente fino a pavoneggiarsi di tale attributo mentre nutre interessi personali o politici e utilizza il giornalismo di opinione come strumento di pressione o lotta politica». Vorrei evitare una difesa corporativa in questa mia riflessione, non mi interessa farla, anche se a dire il vero non sarebbe affatto inchiostro sprecato di fronte a posizioni dal sapore antidemocratico che prendono corpo nelle parole del primo cittadino e nel colpevole silenzio dei consiglieri comunali e degli assessori.
Leggerete, piuttosto, risposte puntuali alle assurde accuse lanciate dal primo cittadino condizionato forse da un evidente stato di agitazione, come lui stesso ha ammesso alla fine del suo intervento in consiglio comunale. Intanto, è palese che il sindaco abbia sprecato un’occasione. Che il tempo dedicato a un’inutile lezione di giornalismo poteva impiegarlo in maniera più produttiva e interessante per la comunità. C’erano mille argomenti sensibili che avrebbero potuto riempire l’ordine del giorno sulle sue «linee programmatiche». Sarebbe potuto entrare nel merito di quella visione coraggiosa che ha promesso in campagna elettorale, cancellando finalmente il solito elenco dei «faremo», avrebbe potuto parlare dei piani concreti (ammesso che ci siano) che prima o poi dovranno pur sostituire i post acchiappaclick sui social, avrebbe potuto elencare le strategie di rilancio, le soluzioni ai problemi irrisolti da oltre tre decenni, le idee per fronteggiare il dramma della povertà, del disagio sociale, della disoccupazione, della vivibilità, della sicurezza.
Avrebbe potuto fare una riflessione sul piano urbanistico, sul waterfront, sulla riqualificazione del porto, avrebbe potuto dire qualcosa sulle cisterne dei veleni, sulle quali è calato di nuovo il silenzio, oppure sulla rinascita della fascia di costa di Rovigliano, altro mistero. Invece, ha preferito spostare l’attenzione sulla stampa nemica, ha voluto crearsi un alibi, semplificare tutto con il solito atteggiamento di vittimismo. Ha voluto nascondere le fragilità di un’amministrazione che s’è aggrappata alle feste e che procede con un vistoso affanno sulle progettualità essenziali. Del resto, è stato lui stesso a confidarlo una volta: «Questa è la legna e da qui bisogna fare i mobili, a Torre Annunziata non verrà mai Renzo Piano». Sulla vicenda delle selezioni per le assunzioni nel centro commerciale che sarà inaugurato a fine novembre in via Plinio, il sindaco continua ad avere un atteggiamento populista. Ha annunciato le selezioni per le assunzioni in aziende private sulla sua bacheca social, andando oltre il suo ruolo e le sue competenze, e ha scritto nero su bianco il vincolo della residenza a Torre Annunziata per i candidati.
Comprensibile il fine di garantire occupazione in città, assolutamente discutibile la forma e il metodo utilizzato. Non a caso, questa mattina se ne discuterà in una riunione convocata dal responsabile del contratto d’area, il sindaco di Castellammare di Stabia, alla quale parteciperanno anche i sindacati che hanno chiesto il piano industriale nell’interesse della trasparenza delle procedure e che chiedono chiarimenti sulle selezioni annunciate sui social e il relativo programma di assunzioni. Ancora più populista è accusare la stampa di voler mettere in contrapposizione due comunità, additarla come nemica di un processo di sviluppo occupazionale che riguarda il territorio. Un’affermazione gravissima perché pronunciata da un’istituzione. Semmai, aver sollevato la questione delle selezioni è stato utile ad aprire un confronto, per tutelare proprio quel piano di sviluppo simmetrico e coordinato nell’interesse di un territorio che, come sostiene Metropolis da anni, dovrebbe imparare ad avere meno campanili e più cooperazioni.
A proposito di territorio, il sindaco ha accusato la stampa di essere rimasta silente mentre si consumava il fallimento del contratto d’area sul versante di Torre Annunziata. Mentre cioè Castellammare di Stabia portava a compimento le sue opere e Torre Annunziata restava ferma al palo. Un’affermazione che dimostra quanto poco il sindaco abbia seguito le cronache locali e le vicende di Torre Annunziata negli ultimi 25 anni. Per colmare il vuoto, metteremo a disposizione del primo cittadino centinaia di pagine pubblicate da Metropolis dal 1995 ad oggi, pagine nelle quali sono stati inchiodati alle proprie responsabilità imprenditori, politici e amministratori (quasi tutti del Pd) che hanno inesorabilmente fallito il progetto della riconversione a Torre Annunziata. Una classe politica alla quale appartiene anche Pierpaolo Telese, uno degli amministratori più longevi di Palazzo Criscuolo e che adesso rappresenta il suo punto di riferimento politico e amministrativo tanto da sceglierselo come capostaff.
Tra le tante accuse mosse dal sindaco alla stampa, c’è anche quella di non aver fatto mai una riflessione sulla politica torrese degli ultimi dieci anni, e anche qui potremmo consegnare al primo cittadino centinaia di pagine nelle quali sono stati raccontati fatti, inchieste e scandali che nessuno dei protagonisti della vita politica cittadina, compresi quelli che oggi siedono nella sua maggioranza, hanno mai voluto commentare. Per paura o, peggio ancora, per complicità. E a proposito di affermazioni gravissime, il sindaco ha sostenuto che per la stampa, Torre Annunziata merita solo il fango della cronaca nera e giudiziaria, mentre tutto il resto del comprensorio cresce fino a superarsi.
Parole fuori luogo e totalmente infondate, che fomentano odio e mettono nelle condizioni di grave pericolo i giornalisti che si occupano delle vicende calde che riguardano Torre Annunziata e l’intero territorio. Poi la chiusura incommentabile: la condanna al giornalismo di opinione e l’accusa ai cronisti che raccontano la città come fosse un «fotoromanzo criminali». Lasciamo al sindaco le sue convinzioni anche se non è un’opinione, giusto per citare qualche caso, il bando farlocco per gli staffisti che da mesi lavorano a Palazzo come volontari nonostante un’indicazione diversa della Corte dei Conti. E non è un’opinione l’acquisizione da parte dei carabinieri di atti legati alla festa della Madonna della Neve. Non un atto dovuto, come dicono in giunta e in maggioranza, perché Torre è un Comune che esce dallo scioglimento, ma una vera e propria attività che si svolge su una specifica delega di indagine.
Su un fatto nuovo, insomma. Forse, sta tutta qui la colpa della stampa locale. Raccontare ciò che potrebbe essere un ostacolo alla propaganda. Ma questo è il compito di un giornalista. Essere una sentinella sul territorio, rappresentare persino un’opposizione nel caso l’opposizione non ci sia, come accade a Palazzo Criscuolo dal 1995 ad oggi. Questo non vuol dire avere interessi privati, non vuol dire mettere un sindaco o un’amministrazione nel mirino. Significa essere cronisti di un territorio che si ama e si vive, che si vuol vedere rinascere non a colpi di post e feste. Significa amare quegli ideali per i quali Giancarlo Siani è morto. E un’istituzione dovrebbe imparare a rispettarli.