#POGGIOMARINO I retroscena dell'inchiesta che ha portato all'arresto del sindaco, del suo vice e di un ex consigliere
Gli imminenti lavori per la metanizzazione, l’inserimento negli affari pubblici di una cooperativa appena nata e poi ancora la gestione del cimitero e poi la variante al piano regolatore per far spazio all’insediamento di un‘azienda di alimenti in zona Fornillo: sono soltanto alcune delle gare e dei servizi che facevano gola al boss di Poggiomarino Rosario Giugliano e su cui aveva deciso di mettere le mani sfruttando le sue conoscenze in municipio nell’ambito di un patto politico-mafioso che oggi è finito nel mirino della Dda. Uno dei retroscena degli arresti dei vertici del Comune – ai domiciliari sono finiti il sindaco Maurizio Falanga, il vicesindaco Luigi Belcuore e il faccendiere dell’amministrazione l’imprenditore ed ex consigliere Franco Carillo – è legato proprio a tutte le le gare che oggi sono sotto la lente di ingrandimento dell’Antimafia. A svelare accordi e interessi della criminalità è stato lo stesso boss agli investigatori, quando ha deciso di collaborare con la giustizia ha iniziato a rivelare tutti gli intrecci che legavano a doppio filo la politica e la criminalità organizzata. E tra questi gli affari per centinaia di migliaia di euro, i maggiori da effettuare sul territorio e che sarebbero stati gestiti dall’attuale amministrazione comunale. Il boss Giugliano che aveva puntato forte su Maurizio Falanga, indicandolo come candidato sindaco a discapito di una ricca concorrenza aveva già in mente su cosa puntare. «Fui chiaro con Falanga a un incontro preparato da Carillo. Il mio aiuto passava dall’approvazione del Pip, nonché dal progetto di riqualificazione del cimitero», spiega Rosario Giugliano. La pressione esercitata sull’amministrazione, in nome di accordi presi tra le parti, era forte. «Altro settore da me ambito era quello dei rifiuti. Feci presente a Belcuore che ero pronto a paritre con azioni intimidatorie per costringerli ad andare via o a scendere a patti con noi. Io e Belcuore volevamo revocare l’appalto e mettere una ditta da noi controllata». Poi c’è la questione variante al piano regolatore, necessaria per favorire l’insediamento di una ditta nella zona del Fornillo. «Feci sapere all’azienda che avevo in mano l’amministrazione, era mia intenzione di bloccare il progetto di delocalizzazione dell’impresa fino a quando non si fossero allineati alle mie richieste. Di questo atteggiamento ostile nei confronti dei proprietari dell’azienda nei parlai con Belcuore, Falanga e con Carillo ai quali dissi che il progetto sarebbe rimasto bloccato senza il mio assenso. Gli imprenditori a seguito di minacce scesero a miti consigli, mi mandarono 65mila euro e pattuimmo il 3% per me sui lavori alla nuova struttura. Dopodiché dissi ai miei referenti in amministrazione che il progetto poteva essere licenziato». Le confessioni del capoclan sono un duro colpo per chi crede nell’assoluta integrità delle istituzioni. Il quadro che è emerge è desolante. Nelle intercettazioni ambientali captate dagli investigatori emergono anche gli interessi del boss circa i «sub appalti per la metanizzazione». Un affare capace di scatenare le ire del boss. Il malcontento de o’ minorenne fu svelato a Franco Carillo che per gli investigatori è il trait d’union tra la camorra e la politica. «Si è preso l’impegno dei subaappalti, ma ci vogliono tagliare fuori», spiega il boss al suo uomo di fiducia.
Il “consiglio” del gancio del boss – Ma non c’è solo questo perché tra le intercettazioni captate dagli inquirenti – indagini coordinate dall’Antimafia di Napoli e affidate ai carabinieri di Torre Annunziata – emerge anche un altro aspetto relativo al profilo di quello che è gancio del clan. E’ proprio Franco Carillo in una conversazione a sposare le tesi del capoclan in merito all’affidamento degli appalti pubblici. Meglio affidarli alle ditte del posto, perché meglio avvicinabili: la tesi della criminalità organizzata. «Tu vieni sul territorio e non mi riconosci un fiore?», dice Ciccio Carillo in una conversazione con il boss Giugliano parlando degli appalti in città.
Il Pd di Poggiomarino – Intanto non si arrestano le reazioni allo scandalo che ha travolto i vertici della squadra di governo locale. Soprattutto nell’area democrat. Sulla vicenda è intervenuta anche la sezione locale del Pd, partito all’opposizione e sconfitto alle amministrative di quattro anni fa. Sul territorio la segreteria affidata a Eugenia D’Ambrosio ribadisce ancora una volta che la scelta di Peppe Annunziata alle elezioni scorse è frutto di una scelta decisa. «La migliore possibile per il paese, abbiamo sostenuto in maniera convinta il nostro candidato», dicono i dem poggiomarinesi. E sulla questione che ha portato al terremoto politico-giudiziario in municipio dicono: «Il terremoto che ha travolto Poggiomarino – si legge in una nota del circolo Carlo Quirino – ci lascia scossi ed amareggiati. L’arresto del sindaco non è una vittoria per nessuno, neanche per noi dell’opposizione. Le accuse gravissime di voto di scambio colpiscono al cuore le fondamenta democratiche della nostra comunità, minando la fiducia nelle istituzioni e nel tessuto civile di Poggiomarino. Un evento che intacca la dignità della politica locale che dovrebbe essere sempre al servizio della collettività e mai strumento di potere personale. Ma ancora una volta, soprattutto in questo momento, abbiamo il dovere di dire a gran voce e dimostrare che la politica non è sinonimo di corruzione e compromessi oscuri. Dobbiamo lottare contro questa deriva, lavorando per una politica che torni a essere strumento di riscatto per una comunità e non un mezzo per il profitto di pochi. Dobbiamo far capire ai nostri concittadini che esiste un’altra via: quella dell’onestà, del lavoro per il bene comune, e della partecipazione attiva. Ecco perché chiediamo agli organi inquirenti ed alla Prefettura di fare chiarezza immediata ed andare a fondo a questa triste vicenda per restituire a Poggiomarino, nel più breve tempo possibile, la sua vita democratica in trasparenza e legalità».