Tra il 2022 e il 2023 a morire di stenti sono stati più di 700 senzatetto. Un elenco che nel solo mese di gennaio si è ampliato con altre 30 vittime. Un dramma che si consuma nella generale indifferenza”, lo denuncia Meritocrazia Italia in una nota che allarga la sua riflessione anche sui temi della povertà, soprattutto quella che si vive nel Mezzogiorno d’Italia. “Uno stato emergenziale costante per il quale mancano previsioni di interventi”, proseguono. “Tra le principali cause di morte sono malesseri fisici improvvisi e/o aggravamento di situazioni già compromesse. Molto incidono anche le temperature, rigide o torride. Ma si muore anche per eventi traumatici e accidentali, per atti di aggressione, annegamenti, cadute, incendi e suicidi. Senzatetto, senza dimora, barbone, clochard in francese o homeless in inglese. Sono termini utilizzati per indicare persone che sono prive non solo di una abitazione ma di un ambiente di vita, di un luogo di sviluppo delle relazioni affettive, dei progetti e interessi personali, dove prendersi cura di sé. Con le parole ‘senzatetto’ o ‘senza dimora’ – ricorda Meritocrazia Italia – il glossario Istat indica ‘persone che non hanno alcun domicilio, iscritte in anagrafe presso un indirizzo fittizio o reale facente capo ad un’associazione o comunque utilizzato dal Comune a tal scopo’. ‘Senza fissa dimora’, sulla base del Regolamento anagrafico e della legge anagrafica nazionale n. 1228 del 1954, è una ‘persona che non ha dimora abituale in alcun comune e manca dunque dell’elemento necessario per l’accertamento della residenza (girovaghi, artisti di imprese spettacoli itineranti, commercianti e artigiani ambulanti, ecc.)’. Esperienze molto diverse tra loro sono alle spalle delle persone senza dimora”. “La FIO.PSD (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora) – ricorda la nota – considera: fattori biografici: perdita del lavoro e/o dell’alloggio, rottura dei rapporti familiari, lutti, incidenti, migrazione forzata, pre-cedente detenzione, difficoltà economiche; fattori di contesto socio-economico: accesso e qualità dell’istruzione, della salute, del lavoro, delle politiche abitative, ma anche rete sociale e ambiente familiare. Vi rientrano anche elementi che coinvolgono l’intera società come le crisi economi-che, gli effetti della globalizzazione, la trasformazione delle città, la precarizzazione del lavoro; fattori psicologici, individuali e relazionali: malattie fisiche o mentali, abuso di sostanze, vissuti di violenza e abusi”. Secondo Meritocrazia Italia, “i dati diffusi dall’Istat a dicembre 2022 riferivano di circa 100mila tra senzatetto e senza fissa dimora presenti sul territorio nazionale, dati potenzialmente incompleti per la difficoltà di censire persone che potrebbero non essere iscritte nelle anagrafiche dei comuni italiani, sia perché nati in altro Stato sia perché non aventi neanche residenza fittizia. Il censimento ha comunque rivisto in modo significativo i dati in quanto le stime che risalivano al 2014 indicavano a circa 50mila le persone in condizioni di precarietà abitativa. Praticamente la metà rispetto ai rilevamenti del 2022. Secondo i dati raccolti dalla FIO.PSD, sono soprattutto (ma non solo) uomini adulti di nazionalità straniera (europei ed extraeuropei) a morire in strada, con un’età media di 47,3 anni. Dato impressionante che rende tutta la drammaticità della vita in strada, se pensiamo che l’età media di morte della popolazione italiana è di 81,9 anni. Ma si muore a tutte le età, dai 16 agli 86 anni”. Altro dato impressionante e drammatico per Meritocrazia Italia “è proprio la percentuale di minori, tutti rientranti nella categoria delle persone senza fissa dimora, dei quali i comuni sono tenuti a farsi carico collocandoli in strutture gestite dai servizi sociali. Secondo la fondazione Openopolis, queste informazioni non possono che essere parziali, perché il campo di osservazione è solo sulla parte emersa del fenomeno, per cui l’insieme dei ‘senza casa’ non esaurisce la totalità del ‘disagio abitativo’. Ai quasi 13mila bambini e ragazzi senza tetto e senza fissa dimora nel nostro Paese nel 2021, devono aggiungersi – continua il comunicato – le famiglie che vivono in abitazioni sovraffollate, fatiscenti o a rischio morosità, così come quelle che abitano in campi attrezzati, in insediamenti abitativi tollerati o spontanei (oggetto tra l’altro di un’altra indagine che ha riportato dati non degni di un paese civile. Le condizioni di abbandono, di mancanza di cura e di reti di protezione sono una sconfitta della società tutta. Molti Comuni soprattutto delle grandi città attivano dei ‘Piani Freddo’, in cui vengono messi a disposizione per i clochard posti letto aggiuntivi per l’accoglienza notturna e talvolta anche diurna e si intensifica il lavoro di prossimità delle unità di strada”. Dal Report annuale Eurostat sulle condizioni di vita in Europa, è gia emerso che la Campania e la Calabria sono tra le prime quattro regioni in Europa con una quota più alta di persone a rischio povertà ed esclusione sociale. Nel 2022, in Campania si registrava il secondo dato più alto in Europa, dopo il Sud-Est della Romania, con il 46,2 per cento, contro una media europea del 21,6. Dalle statistiche dell’Istat sulla povertà la Campania si attesta al 22,1 per cento, seconda solo alla Calabria (31,6). Tanta povertà si innesta in una situazione lavorativa assolutamente precaria. Dal 2020 al 2022 vi è stata una crescita del tasso di occupazione in tutte le aree geografiche del Paese (Italia 60,1 per cento), ma le differenze di base restano. La Campania con il 43,4 per cento presenta valori ancor più bassi rispetto alla media del Mezzogiorno, con un’incidenza inferiore del 3,3. Campania, Calabria e Sicilia raffigurano un mercato del lavoro con enormi difficoltà ed estremamente lontano dall’andamento del resto della nazione. Guardando al tasso di disoccupazione, nel 2023 la regione scende al 17,1 per cento, rispetto al 19,7 dell’anno prima, comunque lontanissima dalla media nazionale dell’8,1%. Un giovane campano tra i 15 e i 34 anni (33,4) non studia né lavora, a fronte del 19,5 su scala nazionale. Enorme la disparità tra occupazione maschile e femminile: in Campania la differenza di genere è pari a 25,9 punti percentuali (dato Ue 10,7 per cento, dato Italia 18,1). Anche il valore assoluto è allarmante: la percentuale di donne occupate in Campania si ferma al 30,6 per cento, contro il 51,1 nazionale ed il 69,3 europeo. Purtroppo è quasi certo che l’aumento della soglia di povertà aggraverà il problema. Preoccupante è l’esplosione della povertà estrema tra i nuclei in cui la persona di riferimento è un lavoratore dipendente: l’incidenza ha toccato il 9,1%, dall’8,3% del 2022, riguardando oltre 944.000 famiglie. Contribuiscono salari bassi ed un’inflazione che falcidia il potere d’acquisto. Si potrebbe pensare al riutilizzo di strutture abbandonate (come uffici dismessi o caserme in disuso) o a progetti di bioedilizia, strutturati per una bassa dispersione termica e a coibentazione adatta per proteggere dal freddo invernale ma anche per evitare il forte riscaldamento causato dalla calura estiva, e con aree comuni come per la lavanderia e serre per la coltivazione di ortaggi, per cui si garantirebbe anche una certa autonomia. Non è possibile continuare a gestire un fenomeno di tale portata solo come ‘emergenza’. È necessaria – conclude Meritocrazia Italia – un’azione politica strutturata e di lungo periodo, che valorizzi il contributo che possono dare il Terzo settore e le tante associazioni a carattere laico e/o religioso già attive sul territorio”.
CRONACA
8 ottobre 2024
Senza fissa dimora, esplode l’allarme sulla povertà nelle città del Sud