Un organigramma ben definito. Dal capo all’ultimo gregario, all’interno del clan Fabbrocino ognuno sapeva quale era il suo ruolo e quale compito seguire. Nemmeno la morte dello storico padrino Mario ‘o gravunar, avvenuta nel 2019, ha messo in discussione quello che è stato sempre il punto di forza della cosca: l’assoluta organizzazione nei minimi dettagli di ogni attività. Così dopo l’addio al fondatore della famiglia criminale che opera in tutto il Vesuviano, il clan si è rimesso in marcia. Con un nuovo organigramma che facesse affidamento alle figure di rilievo della cosca, chi per anni si è «sacrificato» per gestire gli affari del sodalizio attivo tra Palma Campania e San Gennaro Vesuviano. Un aspetto sottolineato anche dal gip di Napoli Leda Rossetta nella lunga documentazione – duecento pagine di ordinanza – con cui la magistratura ha smantellato i vertici dell’organizzazione camorristica che aveva ripreso in questi anni e con forza sempre maggiore il controllo delle attività illecite. «Il clan Fabbrocino è tra le più attive e solide organizzazioni di stampo camorristico operanti nella provincia di Napoli, potendo contare su un diffuso clima di omertà e su una fittissima rete di connivenze, su una struttura gerarchicamente organizzata laddove ciascun componente è perfettamente consapevole del ruolo che gli è stato affidato ed è rispettoso delle gerarchie», si legge in un passaggio della relazione inserita nell’ordinanza. Ed effettivamente c’era chi si occupava di gestire gli affari illeciti, coordinare le azioni criminose, individuare le nuove attività a cui estorcere denaro fino a chi curava i rapporti con gli altri esponenti del clan e organizzava le riunioni nei locali del cimitero di Palma Campania. A Biagio Bifulco il compito di dirigere le azioni criminose, aveva potere decisionale e riceveva direttamente i proventi delle attività illecite. Anche mentre era in carcere la sua figura era di primo piano. Così come quella di Mario Fabbrocino, alias ‘a maruzza e cugino del superboss, che per lungo tempo ha avuto le redini del clan, coordinando le attività del sodalizio. Presiedeva alle riunioni del gruppo e si occupava del mantenimento. Altro ruolo di spicco è quello ricoperto da Michele La Marca che si occupava in prima persone del monitoraggio delle attività da sottoporre a estorsione soprattutto nel settore dell’edilizia dove imponeva la fornitura del calcestruzzo di determinate ditte sul territorio di competenza.Massimo Iovino metteva a disposizione del clan i locali del cimitero di Palma Campania per i summit di camorra, mentre Antonio Iovino determinava i prezzi delle tangenti e individuava le imprese da estorcere che si occupavano di lavori pubblici. Anche Francesco Maturo si occupava delle attività presenti sul territorio vesuviano da sottoporre a estorsione. Antonio e Vincenzo Bifulco erano alle dirette dipendenze del padre Biagio, mentre Pietro Fabbrocino aveva messo in piedi un sistema di utilizzo dei «pizzini» per presentare le richieste di estorsioni ai commercianti. Anche Pasquale La Marca aveva il compito di ricercare le potenziali aziende da inserire nella rete delle imprese che avrebbero dovuto versare il racket nelle casse della cosca. Lo stesso ruolo ricoperto da Gennaro Nappi, quest’ultimo era il luogotenente della cosca sul territorio di Palma Campania ed era anche l’anello di congiunzione nei rapporti tra i clan Fabbrocino, Russo e Cava che operano nei territori limitrofi. Il braccio armato era invece Raffaele Carbone che si occupava di realizzare le spedizioni punitive e commettere atti intimidatori per conto del clan Fabbrocino. Poi c’era chi si occupava di organizzare le riunioni, facendo da segretaria per la realizzazione degli incontri e chi faceva da collegamento tra i vari esponenti della cosca per il passaggio di informazioni e messaggi.Ruoli, incarichi e personalità dei vari appartenenti alla cosca sono finiti al centro della maxi inchiesta che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di 13 persone e all’iscrizione sul registro degli indagati di 29 persone. Tutte finite nel corso degli ultimi anni sotto la lente di ingrandimento dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna che attraverso una lunga attività di indagine hanno svelato il giro d’affari messo in piedi dal clan. Nell’elenco delle ordinanze in carcere ci sono tutti i reggenti della cosca: da Biagio Bifulco a Mario Fabbrocino (cugino e omonimo dello storico padrino); fino a Francesco Maturo (arrestato poche settimane fa mentre intascava una tangente a San Giuseppe Vesuviano). Tutti ora nel mirino della Direzione Distrettuale Antimafia. Tra gli arrestati figurano anche Vincenzo Albano, Raffaele Carbone, Salvatore d’Ascoli, Pietro Fabbrocino, Antonio Iovino, Massimo Iovino, Michele La Marca, Pasquale La Marca e Gennaro Nappi. Mentre per Giovanni Guadagno è stata emessa la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le accuse a vario titolo vanno dall’associazione di tipo mafioso, detenzione e porto di armi, estorsione, tentata estorsione fino al trasferimento fraudolento di valori. RispondiInoltraAggiungi reazione
CRONACA
20 settembre 2024
Clan Fabbrocino, così gli eredi avevano riorganizzato la cosca dopo la morte del padrino