Da Torre Annunziata al red carpet di Venezia: non per vanità, ma per un grande messaggio d’amore. Cosa si prova, Marilena?
«Ho rivissuto le stesse emozioni del giorno in cui mi hanno fatto vedere V...
Da Torre Annunziata al red carpet di Venezia: non per vanità, ma per un grande messaggio d’amore. Cosa si prova, Marilena?
«Ho rivissuto le stesse emozioni del giorno in cui mi hanno fatto vedere Vittoria per la prima volta e mi hanno presentato come la sua mamma. Ho ripensato a quel lunghissimo abbraccio, lo stesso che Vittoria mi ha regalato quando è terminata la proiezione del film sui titoli di coda. E’ stato emozionante rivedere tutto, soprattutto nel finale. Per quasi dieci minuti il pubblico s’è alzato in piedi. Applaudiva e io piangevo. ».
Come sta Vittoria?
«Abbiamo fatto un percorso specifico con medici, Vittoria soffre di un disturbo cognitivo di primo grado, ma l’abbiamo amata fin dal primo sguardo».
Il film accende un faro sul sistema delle adozioni. Quante difficoltà avete superato?
«E’ stato un percorso lungo 14 mesi, tra carte bollate e incontri in Ucraina, molti dicono che è un percorso difficile ma per noi non lo è stato. Vittoria era sola, triste, e da quel giorno la sua vita e la nostra sono cambiate in meglio».
Tutto è iniziato con un sogno. Un messaggio di suo padre da lassù.
«Lo sognavo sempre con una bambina, un messaggio più chiaro di così non potevo averlo. Ringrazio lui e credo che ci abbia reso la strada semplice dal paradiso. L’adozione è stata una esperienza bellissima, come partorire per la prima volta. Non è vero che chi adotta ha un feeling diverso, se sei madre o padre lo senti subito, il legame nasce in quei pochi secondi nei quali gli sguardi si incrociano».
Eppure ci sono poche adozioni. Perché?
«Adottare un bambino è un atto d’amore: ce ne sono tanti, troppi, dimenticati ed abbandonati, soli e tristi. Il messaggio del film è anche questo.
Io dico: non ponetevi domande fatelo e basta».
(gs)