C’è un gruppo parallelo, ma strutturato e organizzato e che ha tenuto, e sta tenendo,nella morsa del ricatto del pizzo gli imprenditori della zona di Sant’Antonio Abate. E’ questa l’ipotesi d...
C’è un gruppo parallelo, ma strutturato e organizzato e che ha tenuto, e sta tenendo,nella morsa del ricatto del pizzo gli imprenditori della zona di Sant’Antonio Abate. E’ questa l’ipotesi della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, coordinata sul territorio dal sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta, che sta indagando ormai da tempo su un nuovo clan impegnato soprattutto nell’attività di estorsione e del traffico di sostanze stupefacenti a Sant’Antonoio Abate. Ci potrebbe quindi essere sotto molto di più dallo scenario uscito fuori dalle carte delle inchieste della Dda di Napoli e di Salerno sui due episodi estorsivi che hanno riguardato il suocero del sindaco di Sant’Antonio Abate, Ilaria Abagnale, e un imprenditore, sempre abatese, proprietario di una nota ditta di trasporti con sede a Scafati. Due tentate estorsioni da un valore complessivo di un milione e duecentocinquantamila euro, con il fatto venuto fuori solo grazie alle due denunce degli imprenditori che hanno di fatti incastrato, per il momento, gli aguzzini. In manette sono finiti l’ex boss pentito, Gioacchino Fontanella (di Bruno), due incensurati, Nicola Mendola e Francesco Sorrentino, e il figlio di Fontanella, Bruno, classe ’98, già scarcerato in sede di convalida dal gip Riccardo Sena. Nell’abitazione del 26enne, durante le operazioni di perquisizione dei carabinieri il 29 luglio scorso,furono rinvenuti 18mila euro in contanti, per gli investigatori frutto di attività illecite. Ma per il momento le prove raccolte dagli 007 non sono state sufficienti per la conferma della misura cautelare in carcere.Tutti e quattro a vario titolo rispondono del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso per due capi di imputazione, ad eccezione di Sorrentino che risponde della sola estorsione all’imprenditore della ditta di Scafati. In ogni caso questi fatti non sarebbero gli unici che “puzzano” di camorra accaduti nel comune abatese. Proprio Ilaria Abagnale, ieri pomeriggio, ha diffuso un nuovo appello agli imprenditori affinchè denuncino i loro aguzzini. Il comune dei Lattari gode della presenza di numerose industrie che godono di ottimi incassi e di una discreta produttività. Un occasione troppo ghiotta per chi di vivere nella legalità non ne ha la minima intenzione. Lo spazio criminale in città, paradossalmente, l’ha servito la Dda, che nel 2022 fece di fatto piazza pulita arrestando il boss Catello Fontanella, cugino di Gioacchino, il suo braccio destro, Manolo Martinez, e Luigi Verdoliva, 33enne considerato all’epoca aspirante boss di un clan pronto a fare la guerra ai Fontanella. Su quello spazio lasciato vuoto, per la Dda di Napoli, si sarebbe buttato un nuovo clan, sempre legato, ma non direttamente, ai Fontanella, e che in poco tempo ha preso in mano lo scettro criminale in città. Le prime conferme sono arrivate da alcuni episodi- atti incendiari e dinamitardi- su cui gli investigatori stanno ancora indagando, mentre un’altra è arrivata in sede di interrogatorio di garanzia dall’ex pentito Gioacchino Fontanella che si difese dicendo che in città, già da diverso tempo, a suo nome altre persone stessero chiedendo il pizzo agli imprenditori abatesi. Parole che logicamente vanno prese con le pinze, ma che non sono rimaste inascoltate dagli investigatori che presto sperano di chiudere il cerchio su questa nuova inchiesta.