#TORREANNUNZIATA L’inchiesta della procura di Catanzaro sugli uomini dei #Gionta
Minacce, aggressioni e regali agli agenti penitenziari. Così gli uomini di spicco del clan Gionta continuano a far sentire la propria presenza e la propria forza anche dalle carceri nelle quali sono rinchiusi. L’anello di collegamento sono quasi sempre gli agenti penitenziari, minacciati e aggrediti quando fanno il proprio dovere o corrotti attraverso qualche regalo consegnato da parenti all’esterno delle carceri. È quanto emerge dall’ultima inchiesta denominata «Open Gates» da parte della Dda di Catanzaro che ha nuovamente scoperchiato il vaso di pandora, fatto di commistione e favori all’interno dei penitenziari tra i detenuti e chi dovrebbe vigilare su di loro. Indagini che hanno portato alla luce la forza del clan Gionta all’interno del carcere di Catanzaro dov’era detenuto Giovanni Iapicca, ritenuto un esponente di vertice della famiglia dei Valentini, grazie ad un agente penitenziario avrebbe ricevuto all’interno dell’istituto penitenziario pacchi contenenti oggetti illeciti. Un killer di professione stipendiato dai boss di Palazzo Fienga. Il nome di Giovanni Iapicca alias «rancitiello» si ripete in buona parte delle inchieste sui delitti commissionati dagli eredi di Valentino Gionta, così come quello di Umberto Onda che lo scorso dicembre è finito a processo per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale davanti al tribunale di Cuneo. Quest’ultimo si è reso protagonista di detenzioni travagliate, dal tentativo di suicidio per i continui trasferimenti mentre era nel carcere di Opera alle aggressioni e minaccia agli agenti penitenziari. «Umbertino», questo l’alias con il quale è chiamato nell’ambiente criminale, è uno dei fedelissimi del clan Gionta e dei protagonisti della guerra di questi ultimi contro il sodalizio Limelli-Vangone, nei primi anni del nuovo millennio, tanto da essere tra i 100 latitanti più pericolosi d’Italia prima del suo arresto. Onda più volte negli ultimi anni ha mostrato insofferenza per la detenzione a cui è sottoposto, insofferenza che l’ha portato ad aggredire un agente della penitenziaria, causandogli una ferita al volto medicata con punti di sutura, e dieci giorni di prognosi, mentre era detenuto al carcere Vallette di Torino. Episodio a cui un mese dopo, periodo durante il quale è stato trasferito al carcere di Cuneo, è seguito quello della minaccia ad un agente del blocco 41bis al quale è sottoposto Onda. «Era l’ora di immissione al passeggio – ha spiegato in aula l’agente in occasione dell’udienza – e lui ha aperto tutti gli spioncini che ha trovato sul percorso della passeggiata, parlando con altri detenuti». Un comportamento vietato, visto il regime di 41bis, che ha portato al richiamo nei confronti Onda e la conseguente risposta dell’uomo dei Gionta. «So che sei di Avellino. È quando siete in pensione che dovete preoccuparvi di più», la frase minacciosa riportata dall’agente e che ha visto il killer dei Valentini finire nuovamente a processo.