Fare soldi con il traffico di droga e le estorsioni e poi riciclarli nel settore turistico, attraverso società che si occupano del noleggio di barche o l’apertura di B&B. Sono questi i nuovi sc...
Fare soldi con il traffico di droga e le estorsioni e poi riciclarli nel settore turistico, attraverso società che si occupano del noleggio di barche o l’apertura di B&B. Sono questi i nuovi scenari che offrono le inchieste condotte dalle Procure Antimafia di Napoli e Salerno, che negli ultimi mesi hanno riguardato diversi clan operativi nell’area stabiese, vesuviana e dell’agro nocerino sarnese. L’ultimo esempio arriva dall’inchiesta condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno, che ha smantellato il nuovo clan che si era formato a Scafati e gestiva affari illeciti anche a Pompei, fino ad arrivare a Castellammare di Stabia. Un gruppo criminale messo in piedi da Dario Federico, 49enne di Boscoreale, che nel 2007 era stato condannato nell’ambito di un’inchiesta sul clan Cesarano e che era tornato in libertà subito dopo il Covid. Federico (ora ricercato dopo essere sfuggito al blitz andato in scena venerdì mattina) anche sfruttando il vuoto criminale che si era creato a Scafati, e con la collaborazione di un altro pregiudicato del calibro di Salvatore Di Paolo, aveva spostato il centro dei suoi interessi nel comune scafatese. Dagli atti dell’inchiesta emerge che Federico era riuscito a mettere da parte circa un milione di euro, prima della condanna incassata nel 2007, e che quei soldi li aveva lasciati nella disponibilità di alcuni suoi familiari, che cominciarono a concedere prezzi a strozzo. Una volta tornato in libertà, il pregiudicato di Boscoreale si era occupato di recuperare i soldi che la sua famiglia aveva prestato con tassi usurai, anche attraverso minacce e azioni violente. Una base economica che gli aveva consentito di mettere su il nuovo gruppo criminale, cominciando a prendere il controllo di tutte le piazze di spaccio e iniziando a intimorire gli imprenditori costretti a pagare il pizzo. Il pluripregiudicato di Boscoreale, però, aveva anche un piano per riciclare i soldi incassati con le attività illecite. Nell’ordinanza, di poco più di 200 pagine, firmata dal gip del Tribunale di Salerno, Pietro Indinnimeo, viene fuori che Dario Federico aveva intestato ad alcuni suoi stretti familiari, la società Tremar, con sede a Pompei, che si occupava di vari servizi tra cui il noleggio dei charter del mare, particolarmente richiesti dai turisti in vacanza sul territorio, che adorano fare un tour nel golfo di Napoli. Un affare importante nel quale il boss si era tuffato a tal punto da arrivare a imporre la presenza delle sue imbarcazioni all’interno del porto turistico di Marina di Stabia. Quando era stata paventata la possibilità di un aumento dei prezzi per l’attracco dei gommoni all’interno dello scalo, il gruppo criminale era arrivato a compiere una vera e propria azione intimidatoria, raggiungendo lo scalo con dieci motociclette di grossa cilindrata e minacciando di essere pronti a creare scompiglio all’interno del porto. Un’azione violenta attraverso la quale Federico aveva ottenuto la possibilità di mantenere le imbarcazioni della sua società all’interno del porto turistico con un prezzo più basso rispetto a quello previsto. Un vantaggio di non poco conto, soprattutto nei confronti di quelle società che lavoravano nel rispetto delle regole ed erano costrette ad applicare prezzi più alti per i loro clienti. Che il fenomeno turistico degli ultimi anni non abbia lasciato indifferente la criminalità organizzata, pronta a ripulire i soldi incassati con il traffico di stupefacenti e le estorsioni, emerge anche da un altro retroscena che emerge sempre dall’inchiesta condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno. Il riferimento, in questo caso, è a Salvatore Di Paolo, 47 anni, e Antonio Forte, 27 anni, entrambi di Scafati e rispettivamente braccio destro e nipote del boss Dario Federico, che avevano deciso di reinvestire parte dei soldi che avevano intascato con le loro attività criminali, nella ristrutturazione di un attico in corso Vittorio Emanuele a Pompei. Il piano dei due – considerati ai vertici dell’organizzazione criminale – era quello di realizzare un bed and brekfast. Un affare niente male, considerata anche la scelta di una zona centrale, a due passi dagli Scavi di Pompei e dal Santuario, che sicuramente avrebbe potuto favorire la scelta da parte di turisti ignari che quell’attività extralberghiera era stata costruita con i soldi sporchi della camorra. @riproduzione riservata