Torre del Greco, sei pentiti dietro la stangata alla talpa del clan in Comune
Torre del Greco. Ci sono le dichiarazioni di sei collaboratori di giustizia dietro la condanna definitiva a 10 anni di reclusione per Ciro Vaccaro, l’imprenditore del settore delle pulizie arrestato a giugno del 2019 – insieme a nove capi e fiancheggiatori di camorra – perché ritenuto il «gancio» di tre boss di camorra all’interno del Comune. A due mesi dall’ultima sentenza, infatti, sono state pubblicate le motivazioni della sentenza con cui la suprema corte di cassazione ha bocciato il ricorso – bollato come «irrituale» – presentato dalla difesa di Ciro Vaccaro per provare a ribaltare l’esito dei primi due gradi di giudizio. A pesare come un macigno sul 58enne di largo Costantinopoli le rivelazioni dei pentiti – Filippo Cuomo, Isidoro Di Gioia, Maria Lucia Gravino, Marco Palomba, Salvatore Gaudino e Giuseppe Pellegrino – e le indagini sul «legame» tra i clan e le imprese appaltatrici di lavori all’ombra del Vesuvio nel periodo tra il 2008 e il 2014.
Il ricorso irrituale
Il legale di Ciro Vaccaro – l’avvocato Antonio Di Martino di Castellammare – aveva affidato le speranze di cancellare la stangata inflitta al proprio assistito a un ricorso di 515 pagine, articolato in venti motivi in cui «si alternano parti espositive di doglianza con atti del giudizio di merito – scrivono gli ermellini – parziali ripetizioni pedisseque dei motivi di appello e allegati documentali, poco rispondente alla tipologia di un rituale ricorso per cassazione». Nondimeno, i magistrati della seconda sezione penale – presidente Geppino Rago – hanno provato a estrapolare i profili essenziali di censura dei venti motivi di ricorso tutti alla fine definiti «non specifici, ma soltanto apparenti». E conseguentemente inammissibili.
I verbali-chiave
Gli ermellini – all’interno delle 11 pagine di motivazione della sentenza – hanno ribadito l’utilizzabilità delle intercettazioni effettuate durante le indagini e l’attendibilità dei sei pentiti, ritenuti «diretti conoscitori dei rapporti intrattenuti da Ciro Vaccaro con esponenti della camorra e all’interno del Comune di Torre del Greco, come intermediario dei clan coinvolto nelle estorsioni relative agli appalti pubblici. Non solo tutti i collaboratori di giustizia hanno «sottolineato che si erano rivolti a Ciro Vaccaro perchè intervenisse nella gestione di affari di competenza dell’ente di palazzo Baronale».
La beffa delle spese
Cristallizzata, infine, la vicenda relativa all’estorsione ai danni della ditta dei rifiuti vincitrice della gara d’appalto promossa dal Comune con la duplice aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso (l’imposizione di un pizzo a cadenze regolari) e dell’avere agito al fine di agevolare l’organizzazione camorristica. Di qui, la conferma della stangata a 10 anni di reclusione e la beffa del pagamento delle spese processuali e della somma di 4.000 euro in favore della cassa delle ammende.
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