Castellammare. Chi sono i colletti bianchi che negli anni hanno favorito la crescita del clan D’Alessandro a Castellammare di Stabia? Il collaboratore di giustizia, Pasquale Rapicano, sembra poter d...
Castellammare. Chi sono i colletti bianchi che negli anni hanno favorito la crescita del clan D’Alessandro a Castellammare di Stabia? Il collaboratore di giustizia, Pasquale Rapicano, sembra poter dare una risposta anche a questa domanda, per consentire all’Antimafia di smascherare imprenditori, professionisti e perché no anche pubblici amministratori che sarebbero stati a servizio del clan. Uno scenario che viene fuori dai primi verbali del collaboratore di giustizia, finiti agli atti dell’inchiesta Domino, in gran parte coperti da omissis.
Da quelle carte, uno dopo l’altro, stanno venendo fuori i nomi dei presunti sicari che avrebbero messe a segno gli omicidi di camorra nella prima parte del duemila, nell’ambito della faida con il gruppo rivale degli Omobono-Scarpa e successivamente come vendetta per i delitti di Antonio Martone e Giuseppe Verdoliva (messi a segno nel 2004).
E il collaboratore di giustizia ha fornito anche delle indicazioni per i possibili mandanti.
Ma il salto di qualità del pentimento di Pasquale Rapicano e di conseguenza delle indagini sulla camorra di Castellammare di Stabia potrebbe essere rappresentato proprio dalla possibilità di fare luce sui collegamenti tra la camorra e persone che finora non sarebbero neanche state sfiorate dalle indagini.
Rapicano è uno che conosce da dentro il clan D’Alessandro, perché per oltre un ventennio è stato un affiliato della cosca di Scanzano e anche perché l’organizzazione criminale aveva tenuto in considerazione la sua disponibilità a commettere omicidi.
Un killer che, come altri, aveva avuto il via libera anche per gestire una piccola piazza di spaccio al rione Capo Rivo, e nel tempo – soprattutto quando la cosca ha subito arresti – diventato un punto di riferimento solido per il clan.
Così Rapicano ha avuto modo di conoscere colletti bianchi che erano al servizio dell’organizzazione criminale e si mettevano a disposizione per risolvere piccole o grandi questioni che gli venivano sottoposte.
Dai prestanomi pronti a portare avanti aziende avviate con i soldi sporchi, fino ai politici disposti a garantire posti di lavoro per consentire una copertura agli affiliati, che altrimenti avrebbero rischiato di dare troppo nell’occhio anche da un punto di vista patrimoniale.
Insomma, tutte persone che in un modo o nell’altro avrebbero favorito prima la crescita e poi l’espansione del clan D’Alessandro. Rivelazioni, quelle di Rapicano, che gli investigatori hanno incrociato con gli elementi raccolti nel corso del tempo. Anche negli ultimi mesi le forze dell’ordine hanno lavorato tantissimo per trovare riscontri e stringere il cerchio su chi avrebbe aiutato la cosca a inserirsi nell’economia reale e a inquinarla. Un lavoro che presto potrebbe dare le sue risposte e far cadere i veli sugli insospettabili. Un’inchiesta che punta ad alzare il livello della lotta alla camorra a Castellammare di Stabia e chiarire punti rimasti in sospeso per troppo tempo.