«Maestra, io forse non posso sempre venire a scuola. Non vi arrabbiate ma non ci danno più il reddito di cittadinanza e in qualche modo dobbiamo aiutare mamma a portare i soldi a casa. Se non vengo è perché aiuto lei, io tengo la bicicletta e posso aiutarla a fare qualche consegna, capitemi». Occhi sgranati, sguardo pietrificato e le parole che vengono a mancare. Così ha reagito una maestra di un istituto scolastico di Torre Annunziata quando quel piccolo bambini di otto anni si è presentata da lei, durante la ricreazione e le ha confessato che non andrà a scuola. Lo ha fatto anche con tono sarcastico «maestra se faccio filone però non vi arrabbiate o mandate a chiamare a mamma che ha già troppi problemi». Parole pensanti, troppo, per quel piccolo che è stato già messo di fronte ad un destino che non ha nemmeno scelto. Figlio di un quartiere difficile, lui come i suoi compagni di scuola, il rione Provolera, dove nemmeno l’inchiostro colorato di alcuni murales cancella le pareti marce e il degrado sociale che dietro quelle pareti tanti bambini sono costretti a vivere. Il racconto arriva dalla docente scolastica che non ha potuto far altro che informare la dirigente scolastica che a sua volta ora avvertirà i servizi sociali. Ma la storia di quel bambino non è nemmeno l’unica. Come lui ce ne sono tanti, troppi. E il rientro a scuola per molti bambini a Torre Annunziata ha avuto un sapore diverso. C’è chi non ha varcato la soglia dell’aula, chi si è presentato solo i primi giorni e poi è sparito. E chi invece ha fatto già sapere che in classe non può tornare a seguire le lezioni perché dovrà aiutare la mamma a guadagnarsi soldi per sopravvivere. «Quello che mi preoccupa è come guadagneranno quei soldi – spiega la maestra – cosa può consegnare un bimbo di otto anni, in un rione difficile se non la droga? Facciamo tanto e puntualmente ci troviamo a combattere contro i mulini a vento». Un grido di allarme di chi ogni giorno è costretto a rimboccarsi le maniche ed aiutare ed educare ma che poi, si ritrova di fronte casi del genere. Lo scorso anno il numero dei bimbi fantasma era ridotto ma ora, il rischio più grande, è che con la cancellazione del reddito di cittadinanza, i piccoli di Fortapasc vengano riadattati alla strada. Non è infatti una novità che in tanti siano i protagonisti di decine di informative da parte delle forze dell’ordine. In una delle ultime ordinanze della Procura di Torre Annunziata viene evidenziato come venivano coinvolti anche i minorenni, figli dei pusher, nelle piazze di spaccio dei rioni in particolare dei Poverelli di Torre Annunziata e quando i ragazzini si rifiutavano, venivano pure pesantemente “redarguiti” dai genitori. La circostanza spuntava fuori da un’intercettazione risalente alla notte del 26 dicembre 2018: uno degli indagati chiede al figlio, appena undicenne, di contattare la zia per chiederle di recarsi a casa loro e poi, quando questa arriva, cinque minuti dopo, allo stesso ragazzino viene chiesto di eseguire la consegna – dieci grammi di cocaina- ma lui si rifiuta: “Mi scoccio”, dice. In altre occasioni sempre ragazzini, minorenni vengono usati invece per incassare soldi. Inviati come emissari in alcune attività commerciali della città solo ed esclusivamente per «l’imbasciata», ricordare di versare al clan soldi o di ritirarli. Ragazzini che hanno messo da parte la loro infanzia, la loro ingenuità e che in poco tempo sono stati trasformati invece in soldati della camorra. Gli stessi soldati di cui già raccontava Giancarlo Siani. Sul Mattino del 22 settembre 1985 scriveva «“Mini-corriere” della droga per conto della nonna: dodici anni, già coinvolto nel “giro” dell’eroina. Ancora una storia di “muschilli”, i ragazzi utilizzati per consegnare le bustine. Questa volta ad organizzare il traffico di eroina era una “nonna-spacciatrice”. Era lei a tenere le fila della vendita con altre due persone ed il nipote. Li chiamano “muschilli”. Sono minori, non imputabili. Li chiamano i “muschilli”, gli spacciatori in calzoncini, i corrieri-baby. Un “lavoro” da intermediario, un compito di appoggio. Il ragazzo di dodici anni di Torre Annunziata non è né il primo né l’unico caso.» Da quel giorno nulla è cambiato. Anzi. Seppur sia tanto il lavoro dello Stato i giovani muschilli sono tornati e continuano a spacciare e incassare soldi per «aiutare» la famiglia dimenticando invece di studiare e provare a cambiare la città, a costruire un futuro migliore, senza ricatti e sangue.
CRONACA
20 settembre 2023
Torre Annunziata, bimbi utilizzati per spaccio e racket: l’infanzia negata di chi vive a Fortapasc