“Il carcere contiene il 75% di persone non legate alla criminalità come viene concepita dall’opinione pubblica. La stragrande maggioranza di queste persone (e Simone Isaia è una di queste) patis...
“Il carcere contiene il 75% di persone non legate alla criminalità come viene concepita dall’opinione pubblica. La stragrande maggioranza di queste persone (e Simone Isaia è una di queste) patiscono la pena perche vittime a loro volta di un degrado sociale (economico, sociale, familiare…). Il carcere così come è concepito non può essere la soluzione. Anzi, la acuisce!”. Lo ha detto don Enzo Miranda, responsabile della Pastorale carceraria della Diocesi di Nola, partecipando alla manifestazione svoltasi a Napoli per chiedere che Simone Isaia, il clochard accusato di aver dato fuoco alla Venere degli stracci, sia curato in un luogo diverso dal carcere. “Il carcere ha fallito la missione affidatagli dalla Costituzione: rieducazione e reinserimento. Il carcere è diventato una discarica sociale, è il ricettacolo di tutto quello che la società produce e al suo interno si vive una situazione davvero drammatica soprattutto ultimamente”. Lo ha detto don Franco Esposito, direttore della Pastorale carceraria della Chiesa di Napoli, in occasione del sit-in per chiedere che il clochard accusato dell’incendio della Venere degli stracci lasci il penitenziario di Poggioreale per essere affidato a strutture in grado di curarlo. Il sacerdote, nel sottolineare che nelle carceri ci sono “tantissimi senza tetto, gente dissociata dalla realtà e rifiutata dalla società”, ha affermato che “la risposta del carcere è solo un grosso inganno. La società crede di essere più sicura se queste persone vengono messe in carcere, ma in realtà il carcere non rieduca, non reinserisce, peggiora solo le situazioni e chi ne esce lo fa è peggiore di come era prima. È dunque arrivato il momento in cui dire che il carcere ha fallito”. Secondo don Esposito è necessario “che si prenda atto del fallimento del carcere perché solo quando lo si farà allora verranno sostenute le misure alternative al carcere”. Don Esposito ha ricordato anche che a Napoli e a Salerno la Chiesa ha Case di accoglienza “che non ricevono alcun sostegno dallo Stato e che non vengono riconosciute come Case di accoglienza per detenuti adulti. Ciò rende la situazione davvero difficile. Noi come Chiesa non pensiamo di sostituirci a nessuno – ha concluso – ma siamo chiamati ad essere un segno per dire a chi deve occuparsene di dare una vera e seria soluzione al problema e che è possibile fare diversamente dal carcere”. Intanto ha raccolto 5.085 firme e oltre 450 commenti la petizione in cui si chiede alle istituzioni che Simone Isaia, il clochard accusato di aver incendiato lo scorso 12 luglio la Venere degli stracci in piazza Municipio, venga curato e lasci il carcere. A promuovere l’iniziativa Iod Edizioni e l’associazione Liberi di volare della Pastorale carceraria della Chiesa di Napoli. “La petizione nasce dalla volontà di volere ristabilire un equilibrio tra quanto accaduto, che è grave, e il disagio mentale e sociale di Simone e di tanti giovani – ha spiegato Pasquale Testa, di Iod Edizioni, in occasione del sit-in in piazza Municipio – Abbiamo notato che nell’immediato, nei primi quindi giorni dopo l’incendio, l’opinione pubblica era molto arrabbiata rispetto alla figuraccia fatta dalla città di Napoli davanti al mondo intero ma questo ha fatto dimenticare la persona che c’era dietro al dramma”.