«Sul territorio su cui operiamo abbiamo un problema tremendo con l’usura e il gioco d’azzardo». Daniele Acampora, presidente di Exodus 94, ha rilanciato l’allarme sul binomio usura-gioco d’azzardo durante l’assemblea annuale della fondazione. Da quattro anni Exodus si è lanciata nel mondo del contrasto alla ludopatìa promuovendo un percorso di svincolo dalla dipendenza dal gioco d’azzardo coordinato dalle sociologhe Alessandra Rosa Rosa e Antonia Panariello, e dallo psichiatra Gaetano Malafronte.
Il rapporto Exodus In quattro anni si sono rivolte allo sportello per un aiuto 90 persone, 58 invece sono quelli che hanno interrotto il percorso nelle fasi preliminari. Il gruppo terapeutico è composto da 55 unità delle quali 23 hanno terminato il percorso con successo, di queste solo 2 risultano aver avuto ricadute post percorso, 16 hanno interrotto il percorso di gruppo nella fase intermedia e altri 16 sono ancora in carico. I numeri sulla città sono incalcolabili ma la presenza sul territorio di numerose sale slot abusive e di tante nuove aperture sta a significare che il fenomeno della ludopatia è endemico e genera numerosi profitti.
Il contesto territoriale «Il comune di Castellammare, non possedendo di un regolamento proprio si attiene, in merito alla regolamentazione della presenza delle sale slot, a quello della regione Campania. Solo il mese scorso abbiamo dato l’ordine di chiusura di tre sale abusive. Ma le richieste di apertura di nuove sale sono moltissime, qualcuna anche assurda. Ci è capitato che un cittadino avesse fatto richiesta di apertura dove non era permesso giustificandosi che l’edificio si trovava nascosta in un vicoletto». A dirlo è stata Carla Cimmino, responsabile dell’ufficio S.U.A.P di Castellammare. Sull’affare “slot machine abusive”, come dimostrano le decine di informative antimafia si è lanciata anche la camorra, sia per riciclare il denaro sporco che per rendere schiavi i cittadini, che indebitandosi finiscono, di conseguenza, anche sotto usura, alimentando il sistema criminale.
Le storie Tre persone, anonime per motivi di privacy, hanno raccontato la loro storia durante l’assemblea. «Da giovanissimo ho iniziato il gioco delle carte per poi passare alle maledette slot machine – ha raccontato un 56enne – Lentamente ho bruciato tutto il mio patrimonio e mi sono reso conto di avere una grave dipendenza. Da lì la mia prima richiesta d’aiuto. Grazie all’aiuto di mio figlio ho iniziato il percorso in questa fondazione, consapevole della mia malattia. A lui ho consegnato denaro e carte di credito, e ho cominciato a vivere con i soldi che lui mi dava ogni settimana. Oggi, dopo un anno, continuo a non gestire il mio patrimonio, e lo farò solo quando mi sentirò sicuro e sereno e soprattutto dopo aver risolto i miei problemi economici. Oggi mi sento un uomo libero, felice di vivere ogni momento di gioia, cosa che avevo completamente dimenticato. Della mia rinascita devo solo ringraziare la mia compagna e i miei figli, che non mi hanno mai abbandonato». «Io sono la mamma di un ragazzo che frequenta il corso di svincolo, e che in tre anni si è giocato tutto quello che poteva – ha raccontato una signora – Mio figlio camminava con un pantalone stracciato, perché non aveva nemmeno i soldi per comprarsi i vestiti. Noi eravamo ciechi, non ci eravamo accorti di nulla. Grazie alla fondazione ora riesco a capire mio figlio e insieme a loro posso aiutarlo ad uscire da questo tunnel terribile». «Io sono un ex giocatore, e ogni giorno scelgo di non ricadere in quel tunnel da cui faticosamente sono uscito dopo vent’anni – ha raccontato un cittadino stabiese – La ludopatia è una malattia e come tutte le altre ha bisogno di essere curata con delle medicine. Ogni giorno prendo una compressa: quella della vita, quella di non giocare. Quando ho avuto il coraggio di mettermi in gioco ho avuto la vittoria più bella della mia vita, quella di essere libero dalla dipendenza».
Il percorso di svincolo «Come tutti i dipendenti, i ludopatici abbandonano ogni tipo di rapporto sociale per la ricerca di denaro per giocare – ha spiegato la dottoressa Rosa Rosa – La prima fase del nostro progetto è di protezione levando la gestione economica dalle mani del paziente. La ludopatia è una malattia recidivante, risulta necessario quindi costruirsi delle situazioni piacevoli che proteggano da eventuali ricadute. Per questo il tutto è finalizzato alla ricostruzione dei rapporti sociali distrutti. Noi interveniamo in quel frangente proponendo come strategia alla ricaduta, quella di ricoltivare quei rapporti che si stavano deteriorando». @riproduzione riservata