L'inchiesta dell'Antimafia sul riciclaggio dei soldi sporchi dei clan D'Alessandro e Cesarano
Una parte dei soldi messi insieme dalla camorra con estorsioni, traffici di droga e armi, sono stati reinvestiti nel turismo. Alberghi, villaggi turistici e resort sparsi su tutto il territorio nazionale. Che i clan di Castellammare di Stabia – tanto i D’Alessandro quanto i Cesarano – avessero l’occhio lungo per gli affari lo si era capito già da tempo e considerando l’esponenziale aumento di turisti che in questi anni stanno affollando i luoghi di mare o d’arte in Italia, c’è da scommetterci che s’è trattato di un buon business. Il problema è che quegli investimenti sono stati fatti con soldi sporchi di sangue, che puzzano di camorra. Tant’è vero che gli investigatori hanno deciso di seguire quell’enorme flusso di denaro andando a indagare direttamente sui conti correnti di una quarantina di persone fisiche e giuridiche, risalendo addirittura a transazioni di oltre trent’anni fa. Nella lista delle società da passare al setaccio figurano anche aziende che gestiscono villaggi vacanze o hotel. Strutture che accolgono ogni anno centinaia di turisti in provincia di Taranto, nella più vicina Massa Lubrense o proprio a Castellammare di Stabia. In alcuni casi le indagini potrebbero virare sulle estorsioni commesse ai danni di imprenditori del settore, ma almeno per quelli fuori dalla Campania sembrerebbero esserci pochi dubbi sul fatto che lì la camorra sia andata a investire. E in particolare il clan D’Alessandro, che per una vicenda simile è già finito nel mirino dell’Antimafia. Il riferimento è al villaggio S’Incantu, il resort di lusso in Costa Smeralda che secondo gli investigatori sarebbe stato realizzato con i soldi di Scanzano e della cosca dei Casalesi. Una vicenda per la quale sono finiti a processo oltre ai politici sardi, anche una decina di prestanome. Il nome del personaggio più noto finito in quell’inchiesta era quello di Rino Chierchia, boss di Gragnano massacrato nel 2010 proprio nella sua città. Chierchia, secondo le indagini, fu l’uomo che qualche anno prima portò una valigetta con 400mila euro in contanti in Sardegna. Insomma, che la camorra abbia strizzato l’occhio al business che ruota attorno al turismo è un dato certo, così come il fatto che abbia agganci un po’ ovunque. Ad esempio, sempre in quella lista di conti correnti che l’Antimafia decise di controllare – già nel 2010 – figurava anche quello di una società che gestisce un bar in riviera romagnola. L’ipotesi che queste attività possano essere gestite da fiancheggiatori del clan D’Alessandro è concreta. La Procura per anni ha lavorato sotto traccia, a fari spenti, per ricostruire il presunto legame tra la cosca di Scanzano e una parte dell’imprenditoria deviata, non solo di Castellammare. Un lavoro che non si è mai fermato ed è andato avanti anche nel corso degli ultimi anni. La Procura ha blindato quegli atti – coperti da omissis -, e lì potrebbe essere scritto un pezzo importante della storia della criminalità stabiese.