Ercolano, degrado e rischio crolli a palazzo Tarascone: scontro legale per i lavori
Ercolano. È un «simbolo» del degrado e dell’abbandono all’ombra del Vesuvio, un pezzo di storia e architettura di Ercolano ridotto a un pericoloso e pericolante rudere. Con tutti i conseguenti rischi per la pubblica e privata incolumità, in particolare per la comunità scolastica dell’istituto comprensivo «Iovino-Scotellaro». Eppure, gli interventi di messa in sicurezza di palazzo Tarascone – lo storico edificio realizzato a metà del Settecento in via Cuparella, a ridosso del «salotto buono» della città degli Scavi – effettuati dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Ciro Buonajuto a cavallo tra il 2018 e il 2019 sono finiti al centro di una controversa battaglia giudiziaria. Legata, ovviamente, alle spese sostenute (con soldi pubblici) dall’ente di corso Resina.
L’incubo crolli
Alla luce degli evidenti dissesti statici del fabbricato – in cui in passato abitavano 32 famiglie – e dei frequenti crolli di intonaci e calcinacci, il Comune già a inizio 2018 dichiarò palazzo Tarascone inagibile e ordinò al condominio e ai singoli proprietari l’esecuzione di immediati interventi di messa in sicurezza dello stabile. Un provvedimento «ignorato» dai destinatari, al punto da convincere lo storico figlioccio dell’ex premier Matteo Renzi a intervenire con fondi pubblici per scongiurare il rischio di tragedie: diversi punti della vecchia villa vesuviana vennero «ingabbiati» e recintati, con una spesa di circa 164.000 euro per le casse dell’ente. Successivamente pronto a presentare il «conto» ai singoli proprietari dell’immobile. Ma mentre in via Cuparella suonava un nuovo campanello d’allarme per ulteriori crolli – lo scorso mese di aprile l’amministrazione comunale fu costretta a chiudere il tratto di strada a ridosso di palazzo Tarascone – l’ingiunzione di pagamento da 164.000 euro veniva trascinata davanti ai giudici del tribunale amministrativo regionale della Campania. Obiettivo del ricorso? Evitare di pagare per gli interventi di messa in sicurezza eseguiti dal Comune.
L’ultima sentenza
Il verdetto è arrivato a novembre del 2022 – a tre anni dall’ingiunzione di pagamento – e le motivazioni sono state pubblicate in questi giorni: i giudici della quinta sezione – presidente Gianluca Di Vita – hanno bollato il ricorso come inammissibile per difetto di giurisdizione, rinviando il contenzioso davanti al tribunale ordinario di Napoli: «Le spese sostenute per la cosiddetta “esecuzione in danno” danno luogo a una obbligazione di diritto privato trovando quest’ultima esclusivo presupposto nell’inerzia dell’obbligato all’esecuzione di tali ordinanze e nell’esercizio del potere sostitutivo della pubblica amministrazione – si legge nelle motivazioni della sentenza -. In detti casi non si pone difatti in discussione il provvedimento amministrativo poiché si tratta soltanto di accertare il diritto dell’amministrazione al “rimborso delle spese da essa sostenute in forza di una fattispecie complessa costituita dalla esecutività del provvedimento, dall’inerzia dell’obbligato e dall’avvenuto esercizio del potere sostitutivo; il diritto dell’amministrazione al rimborso di tali spese ha pertanto ad oggetto una prestazione di natura patrimoniale ed è regolato dalle comuni norme sui diritti di credito». Così, mentre un pezzo di storia di Ercolano cade a pezzi tra disagi e paure, la battaglia legale per le spese di messa in sicurezza non si ferma.
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