«Chi pesca abusivamente i datteri di mare ripetendo la condotta costantemente danneggia l’ecosistema marino in maniera irreversibile. Per questo motivo sono condannabili gli imputati per il reato d...
«Chi pesca abusivamente i datteri di mare ripetendo la condotta costantemente danneggia l’ecosistema marino in maniera irreversibile. Per questo motivo sono condannabili gli imputati per il reato di disastro ambientale». A dirlo è stata la dottoressa Rosaria Maria Aufieri, Gip del Tribunale di Napoli, in una sentenza che passerà alla storia della giurisprudenza perché per la prima volta si è detto in un’aula di tribunale che chi ha praticato abusivamente la pesca del mollusco Lithophaga lithophaga, comunemente noto come dattero di mare, specie protetta e tutelata da diverse norme nazionali e comunitarie per la sua primaria importanza nell’ecosistema, è stato condannato per il reato di disastro ambientale per «i danni irreversibili provocati alla flora e alla fauna che viveva nelle rocce dove erano situati i datteri». Nel dispositivo pronunciato lo scorso 10 marzo 2022, venivano condannati a vario titolo e responsabilità a seguito di una mastodontica inchiesta che ha portato 21 imputati alla sbarra facenti parte con differenti ruoli di due cricche dedite alla pesca abusiva e al commercio dei datteri, condotta dalla Guardia di Finanza di Napoli e portata avanti in tribunale dal Sostituto Procuratore della Repubblica Giulio Vanacore, lo stabiese Catello Avella, alias “Zi Bacc”, difeso dagli avvocati Francesco Tiriolo e Raffaele Attanasio, a 6 anni 2 mesi e 20 giorni di carcere, in quanto promotore e organizzatore del cosiddetto “gruppo stabiese” per il reato di disastro ambientale e inquinamento ambientale, Salvatore Amato, classe 1964, difeso dall’avvocato Luigi Ferro, a un anno e 9 mesi per ricettazione in quanto, da come si legge dal dispositivo, «ha acquistato datteri di provenienza delittuosa o comunque si intromette nel farli acquistare con il fine specifico di procurare a se o ad altri un profitto», e Patrizia Brasiello, difesa dall’avvocato Paolo Gallina, ad 1 anno e un mese di reclusione per i reati di false e omesse dichiarazioni rese al fine di ottenere erogazioni pubbliche come il reddito di cittadinanza. Nelle 171 pagine del verbale delle motivazioni della sentenza vengono spiegate minuziosamente le cause che hanno portato il giudice all’applicazione del reato di disastro ambientale, ben differente e più grave di quello di inquinamento ambientale. Mentre nella seconda fattispecie criminale si punisce la condotta che porta al danneggiamento di un habitat in un danno misurabile e reversibile, nel reato di disastro ambientale si puniscono quei fatti delittuosi che causano un dolo irreversibile alla flora e alla fauna di un determinato ecosistema caratterizzandone quindi la distruzione. Gli elementi probatori che hanno spinto a questa decisione sono costituiti da decine di pagine di intercettazioni telefoniche che documentano la pesca abusiva dei datteri, il loro commercio e la vendita a pescherie e ristoranti dell’hinterland stabiese e della penisola sorrentina, numerosi verbali di sequestro, rilievi fotografici effettuati dalla Guardia Costiera che documentano con chiarezza la gravità dei danni arrecati ai fondali marini e le consulenze tecniche predisposte dal pm Vanacore per supportare le sue ipotesi di reato. Proprie quest’ultime sono risultate decisive per la condanna e ritenute accettabili dal giudice per la configurazione del reato di disastro ambientale. Nella relazione redatta dal dottor Giovanni Fulvio Russo, ordinario di Ecologia Marina e Presidente della Società Italiana di Biologia Marina, e dal dottor Marco Sacchi, Responsabile della sede di Napoli dell’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle ricerche, viene descritto come le azioni di Catello Avella abbiano danneggiato irreversibilmente i fondali marini dei faraglioni: «Il dattero di mare non vive sulle rocce ma al loro interno scavando cunicoli e gallerie in cui vive – si legge nella relazione – Nelle gallerie scavate dal dattero trovano rifugio una miriade di piccole specie di invertebrati che costituiscono la base alimentare di molte specie ittiche. Ragioni per quali il dattero di mare è una specie di primaria importanza per la conservazione degli equilibri naturali. Per prelevarli dai loro cunicoli quindi occorre frantumare le rocce distruggendo con essa tutta la comunità biologica che la ricopre e vive al suo interno.”- aggiungono gli specialisti-“ proprio per questo il prelievo del dattero è particolarmente devastante per l’intera comunità biologica e quindi per l’intero ecosistema di cui è parte fondamentale». I biologi inoltre paragonano la violenza con cui si è devastato il fondale marino con le attività che si svolgono nell’estrazione mineraria: «Si è calcolato che occorrono dai 30 ai 60 anni il tempo in cui i datteri di mare raggiungano una taglia tale apprezzabile ai fini commerciali – scrivono Russo e Sacchi – Ciò causa lo spostamento dei raccoglitori che continuano a ad avanzare con la loro opera distruttiva su fondali ancora integri ed a cambiare zona di prelievo, proprio come avviene nell’attività di estrazione mineraria». Ma sono le conseguenze alla pesca datteri a recare danni irreversibili all’ecosistema marino: «In tutta l’area visionata della costa di Capri non è stato possibile riscontrare tratti di costa non interessati alla pesca abusiva dei datteri. Per quanto riguarda i tempi di recupero dell’intera comunità biologica devastata dalla frantumazione della roccia si arriva a superare il secolo e comunque il risultato finale è difficile che possa essere identico a quello preesistente per il mutare delle condizioni di contorno che determinano la successione ecologica e quindi gli stati di equilibrio finali – concludono i tecnici.- I danni causati dal prelievo dei datteri di mare sugli ecosistemi proprio per questo sono irreversibili». Una relazione inequivocabile e che ha spinto il giudice Aufieri ad applicare la pena riconducibile alla fattispecie del reato di distruzione ambientale poiché nella condotta delittuosa si rispettavano i parametri dell’irreversibilità del danno naturale. Una vittoria per la magistratura perché da ora in poi, per il principio costituzionale di legalità, l’applicazione della sentenza verrà riprodotta in tutti gli altri casi simili a quello di Avella. Un’arma in più in mano dello Stato per sconfiggere la pesca abusiva dei datteri che ha devastato l’intero territorio. @riproduzione riservata