Il ras dei D'Alessandro picchiò e minacciò un imprenditore di Volla
Tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e lesioni nei confronti di un imprenditore: è stato condannato a 4 anni di reclusione in primo grado, in abbreviato, Ettore Spagnuolo, ras del clan D’Alessandro, considerato dagli investigatori un esattore della cosca di Scanzano. Una sentenza più mite rispetto alla richiesta di 8 anni di reclusione avanzata dall’Antimafia. Spagnuolo, difeso dagli avvocati Antonio de Martino e Stefano Sorrentino, è finito a processo per una vicenda relativa al 2020 quando – secondo la ricostruzione dell’Antimafia – Spagnuolo bussa alla porta dell’ufficio di un imprenditore ittico di Volla e lo minaccia: «Veniamo da parte di Nunzio e della famiglia di Michele D’Alessandro, se ci vai a denunciare ti tagliamo la lingua». L’azienda dell’imprenditore napoletano acquista pesce in Grecia all’ingrosso, per poi rivenderlo a pescherie, ristoranti e alberghi. Ma in quel settore ormai da tempo ha deciso d’investire Michele D’Alessandro, figlio del boss Gigginiello, che assieme a suo cognato Nunzio Girace gestiscono un’attività specializzata nell’allevamento di prodotti ittici in Albania e poi nella vendita ai grossisti in Campania. La cosca di Scanzano vuole il monopolio nel settore ed è pronta a tutto per spazzare via la concorrenza. Nel corso della requisitoria il pm Mariangela Magariello aveva ricostruito nei dettagli i contorni della tentata estorsione che sarebbe stata ordinata da Nunzio Girace (cognato di Michele D’Alessandro), nei confronti dell’imprenditore di Volla. Girace per questa vicenda è stato rinviato a giudizio e ha scelto il rito ordinario. Ettore Spagnuolo, invece, è considerato uno dei soldati utilizzati dal clan per lanciare l’avvertimento. «La prossima volta ti uccidiamo a te e alla tua famiglia, ti dobbiamo sparare in testa, ti dobbiamo sparare nelle gambe», sono le minacce che Spagnuolo e un’altra persona avrebbero ripetuto più volte nei confronti dell’imprenditore che non si approvvigionava dalla cosca. E ancora: «La famiglia nostra non si tocca, non devi scendere più a lavorare», gli avrebbero urlato Spagnuolo e l’altro dopo averlo picchiato con calci e pugni, provocandogli ferite ed escoriazioni. Una vicenda che ora è costata una condanna a 4 anni di reclusione per il ras. Proprio nel giorno in cui furono notificate le ordinanze di custodia cautelare, gli agenti della squadra mobile di Napoli e del commissariato di polizia di Castellammare di Stabia eseguirono una raffica di perquisizioni in città. Dagli atti emergeva il sospetto che Michele D’Alessandro, Nunzio Girace ed Ettore Spagnuolo avessero intestato pescherie, società attive nel settore ittico, bar e agenzie di scommesse ad alcuni prestanome per sfuggire alle leggi in materia di prevenzione patrimoniale. Un’attività investigativa – tuttora in corso – che aveva fatto emergere anche i nomi di presunti prestanome che risultavano intestatari fittizi di locali o società che secondo la tesi della Procura Antimafia erano controllate e gestite direttamente dagli uomini di Scanzano.