«Essere omosessuali non è un crimine». Papa Francesco lo dice chiaramente, senza mezzi termini e senza addolcire la pillola a nessuno, come ha sempre fatto. Lo fa con la schiettezza che l’ha sempre contraddistinto, una qualità che appartiene a coloro a cui non interessa star simpatici a tutti bensì preferiscono dire ciò che ritengono giusto, anche se questo vuol dire attirare qualche critica.
Le parole di Bergoglio nella prima intervista dalla morte di Benedetto XVI, rilasciate all’agenzia americana Associated Press che ne ha diramato una prima sintesi, proseguono nel solco progressista che ha caratterizzato il suo papato, schierandosi apertamente contro i paesi che ancora oggi condannano l’omosessualità, ritenendola un crimine e perseguitando le persone omosessuali: «La condanna dell’omosessualità arriva da molto lontano. Oggi credo che i Paesi che hanno condanne legali siano più di cinquanta. E di questi credo che una decina abbiano la pena di morte. Non la nominano direttamente, ma dicono “coloro che hanno comportamenti innaturali”. Cercano di dirlo in modo nascosto. Ma ci sono Paesi o almeno culture che hanno questa forte tendenza. Penso che sia ingiusto» dice Papa Francesco, che durante il suo ministero più volte ha incontrato persone omosessuali, aggiungendo «qui in udienza io ricevo gruppi di persone così. Siamo tutti figli di Dio e Dio ci ama così come siamo e per la forza che ognuno di noi ha di lottare per la propria dignità».
Essere omosessuali non è un crimine, ma «è un peccato – spiega Bergoglio – Prima distinguiamo tra peccato e crimine. Ma è peccato anche la mancanza di carità verso il prossimo, e allora? Ogni uomo e ogni donna devono avere una finestra nella loro vita alla quale rivolgere la loro speranza e poter ricevere la dignità di Dio. E ed essere omosessuali non è un delitto, è una condizione umana».
L’omosessualità è un peccato, dunque, al pari di altri ma non è una colpa, non è un crimine, non è una malattia. Sono parole ponderate, un’apertura importante e velata che, per il momento storico in cui avviene, ovvero dopo la scomparsa di Papa Ratzinger, segna un altro passo avanti da parte della Chiesa Cattolica agli omosessuali ma, soprattutto, mette definitivamente in chiaro la differenza di vedute tra il pontificato attuale e quelli precedenti di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. Se le circostanze storiche avevano costretto Wojtyla a porsi esplicitamente contro l’omosessualità, definita come «minaccia della società» e «contro natura», il suo successore è stato è stato l’ideologo alla base della lotta della Chiesa alle comunità omosessuali, tracciando la linea da seguire.
È la sua, infatti, la firma dietro la ‟Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali”, a cura della Congregazione per la dottrina della fede di cui era prefetto, datata primo ottobre 1986, che costituì il punto di riferimento teorico fondamentale per la lotta ai diritti di gay e lesbiche.
Sempre lui, nel 2004, è autore a quattro mani con l’ex presidente del Senato Marcello Pera del libro “Senza radici”. Nella sua riflessione, dal titolo “Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani”, Ratzinger traccia gli elementi che qualificano l’identità europea tra cui il matrimonio e la famiglia affermando la monogamia come struttura fondamentale della relazione tra uomo e donna, spingendo la riflessione sui matrimoni gay: «Tutti sappiamo quanto il matrimonio e la famiglia siano minacciati. Al contrario, paradossalmente, gli omosessuali chiedono che sia conferita alle loro unioni una forma giuridica, che sia più o meno equiparata al matrimonio. In questo modo si esce dal complesso della storia morale dell’umanità che, nonostante la diversità di forme giuridiche espresse, non ha mai perso di vista che il matrimonio, nella sua essenza, è la particolare comunione di uomo e donna, che si apre ai figli e così alla famiglia. Qui non si tratta di discriminazione, bensì della questione di cos’è la persona umana in quanto uomo e in quanto donna e di quale unione può ricevere una forma giuridica. Se da una parte l’unione fra uomo e donna si distacca sempre più da forme giuridiche, se dall’altra l’unione omosessuale viene vista sempre più come dello stesso rango del matrimonio, siamo allora davanti a una dissoluzione dell’immagine dell’uomo, le cui conseguenze possono solo essere estremamente gravi».
Una volta eletto Papa, Benedetto XVI ha perseguito nella sua ideologia conservatrice, ancorata all’ala tradizionalista della Chiesa Cattolica, con frequenti dichiarazioni contro l’omosessualità, sottolineando per lui la «differenza sessuale» di un uomo e una donna, in quanto «solo l’amore tra uomo e donna è capace di costruire una società casa di tutti gli uomini».
È per questo, per il momento in cui arrivano queste dichiarazioni di Papa Francesco e per la netta e sostanziale differenza di vedute con il suo predecessore, che le parole di Bergoglio hanno in queste ore producono un eco pesante, più pesante delle parole stesse.