«Sono felice di aver partecipato a due consigli regionali: perché così sto rappresentando il sogno di tante persone, per le quali sento di agire in maniera responsabile».
Franco Cascone, ex sindaco...
«Sono felice di aver partecipato a due consigli regionali: perché così sto rappresentando il sogno di tante persone, per le quali sento di agire in maniera responsabile».
Franco Cascone, ex sindaco di Santa Maria la Carità, è approdato dopo le dimissioni di Annarita Patriarca, in Consiglio Regionale. Cascone si è subito trovato nel pieno di una discussione fondamentale: quella relativa al consiglio monotematico sull’autonomia differenziata. Ed ha espresso una posizione molto critica.
«Certo, perché non condivido affatto la posizione della Regione. Che senso ha chiedere al ministro Calderoli di ritirare la bozza sull’autonomia differenziata?. Il ministro ha detto, sulla base dell’articolo 116 della Costituzione, parliamone. Il consiglio regionale della Campania ha chiesto di ritirarla. Le sembra normale porre il veto su un’idea, quasi come fosse un tabù che non si poteva affrontare. E’ un metodo sbagliato: si tratta di un argomento delicato sul quale sicuramente dobbiamo essere attenti a non far passare principi che potrebbero danneggiarci. Ma va discusso».
Che cosa non l’ha convinta di quel dibattito in aula?
«Le faccio un esempio. Alla fine dell’intervento di De Luca si toccò un argomento importante, vitale e cioè la sburocratizzazione. Tanto è vero che disse invito i governatori del nord a sederci e trovare 15 punti condivisi per affrontare i temi delle Soprintendenze, del Codice degli appalti. Questo argomento era interessante e sarei stato favorevole a dire lo appoggeremo anche noi del centrodestra».
Invece cosa accadde?
«Che la Ciarambino, che era la relatrice che aveva proposto questo emendamento disse integriamolo nel tema delle autonomie. Questo fa capire che il consiglio pensa più alla politica e alle posizioni che devono apparire sui media che invece legiferare in direzione di una vera semplificazione amministrativa. Noi abbiamo un deficit strutturale a monte e se non ci diamo regole sulle procedure che ci consentano di superare queste difficoltà il gap con il nord resta invariato. Per il futuro questo vorrei chiarire con i colleghi che se si fanno battaglie per il titolone sul giornale allora ognuno va per la sua strada. Ma così non siamo determinanti»
Si è trovato anche in una fase delicata di Forza Italia.
«All’interno noi stiamo ragionando. Son arrivato in un momento in cui c’era una frattura tra il coordinamento regionale del partito e due dei tre consiglieri regionali. Ho parlato con Caldoro e Grimaldi cercando di stemperare gli animi, al di là delle specifiche posizioni, anche se ognuno ha ribadito la sua posizione nel centrodestra. Ora stiamo ragionando e cercheremo di trovare una soluzione che non indebolisca il nostro agire».
La vicenda di Ischia ha anche portato, tragicamente, al centro del dibattito il tema dell’abusivismo edilizio e dei condoni.
«Io confido nel presidente Meloni e nel Governo perché è una battaglia che Forza Italia porta avanti da decenni. Vorrei solo che si approcciasse in maniera seria al tema abusivismo. Se in Campania si devono eseguire 70mila demolizioni per sentenze penali passate in giudicato, sappiamo che non c’è possibilità di farle. Sia per fondi sia per mancanza di alloggi alternativi da garantire a chi perde la casa, sia per impianti di discariche dove mandare i materiali oggetto della demolizione. Stiamo procedendo da anni e non p colpa dei magistrati che devono apparire la legge. Il criterio è chiaro: quello che non si può sanare non si sana. Le altre realtà che sono la stragrande maggioranza, spesso case di necessità, si deve dare la possibilità di sanarle visto che è stato fatto in tutta Italia». Anche perché i Comuni rischiano.
«Le faccio un esempio: a Santa Maria la Carità abbiamo effettuato un’unica demolizione nel 2009 attingendo al fondo rotativo della cassa deposito e prestiti. Quei soldi, circa 80mila euro, andavano restituiti. Non è stato fatto ed ora il Comune ha un’area di 300 metri quadri che vale circa 300 euro, ma per la quale esiste un debito con lo Stato di 80mila euro».