Roma. Volevano ottenere il green pass senza effettuare la vaccinazione, e così si sono rivolti ad un gruppo di persone che si dedicava alla fabbricazione di false certificazioni per tamponi positivi, in modo da fingere di aver avuto il Covid e poter circolare come se nulla fosse.
In undici sono finiti indagati dalla Procura di Varese per aver messo in piedi o partecipato alla truffa dei tamponi rapidi falsi, pagati circa 500 euro l’uno, scoperta da un’indagine della polizia di Varese.
Tra gli indagati figurano anche due infermieri che operavano all’esterno di una farmacia, del tutto estranea alla vicenda, e la presunta “mente”, un uomo residente in Piemonte, che però si spostava in tutto il Nord Italia, tanto che le indagini sono ancora in corso.
Allestivano il banchetto per i tamponi fuori da una farmacia del Varesotto, aspettavano i clienti “giusti”, dotati una particolare parola d’ordine, ed effettuavano il tampone.
Poi, nonostante l’esito fosse negativo, lo certificavano come positivo, inserivano nel sistema sanitario nazionale i dati della persona, facendo così partire i giorni canonici di isolamento.
Infine, chi aveva pagato mezzo migliaio di euro, tornava in una farmacia, qualsiasi, si faceva il tampone di fine quarantena e risultava ufficialmente guarito, quindi “libero”.
Questo il modus operandi del gruppo scoperto dalla Mobile di Varese, partendo nel gennaio scorso dal controllo di due persone provenienti da fuori regione, fermate durante un controllo antidroga.
Quando i poliziotti hanno chiesto loro perché fossero venuti in provincia di Varese per effettuare un tampone, pensando fosse una scusa per acquistare o vendere droga, hanno ottenuto la prima “confessione” relativa ai tamponi falsi.
Da lì gli inquirenti hanno ricostruito la rete. A fare da intermediario era uno degli indagati, che si spostava dal Piemonte alla Lombardia, tramite contatti ottenuti all’interno di una rete no vax, fatta di contatti sui social e tramite chat private, proponendo il tampone fasullo per aggirare la normativa sul green pass.
Il guadagno finito nelle tasche dei truffatori è stato di svariate migliaia di euro, ma ciò che sarà da accertare è il possibile danno alla salute pubblica.
Oltre che usufruire del green pass per andare a lavorare, per frequentare luoghi pubblici, questi falsi tamponi hanno permesso agli acquirenti, potenzialmente, di avere accesso a Rsa e ospedali, durante il periodo di restrizioni.
Presto potrebbero esserci nuovi indagati e anche nuove ipotesi di reato.