"Quel non gol non era nato per caso". L'intervista in OffSide, inserto di #Metropolis
Francesco Bifera è stato uno dei precursori in Italia di portiere goleador. Ancora oggi i tifosi della Juve Stabia ricordano con grande affetto l’estremo difensore siciliano che con la maglia delle vespe di Castellammare di Stabia entrò nella storia del calcio italiano. Era l’11 aprile 1998, stadio Partenio di Avellino. Si giocava la sfida tra i biancoverdi ed i gialloblù, il risultato era fermo sul di 2-1 per la squadra irpina. Al minuto novantadue accade quello che nessuno poteva immaginare. Nemmeno il più ottimista o sognatore.
Francesco, a distanza di ormai ventiquattro anni quel video di quella giocata folle che mandò in delirio tutta la Castellammare di Stabia fa ancora tante visualizzazioni su YouTube. Come te lo spieghi? “Fu un gol inaspettato, per certi versi folle. Ancora oggi me lo vado anch’io a rivedere e non nascondo di provare la stessa emozione di quando ero invece in campo a spedire di testa quel pallone nella porta avversaria. Va detto però che quella rete non nacque per caso. Eravamo in svantaggio 2-1. Il mister Casale in settimana mi aveva fatto provare i calci di punizione, ero andato per calciare quella palla da fermo ma alla fine prese il pallone Menolascina. Fu lui a tirare in area. A quel punto, vedendo Michele prepararsi per il traversone, decisi di restare lo stesso in attacco. Dovevamo recuperare, la gara era ormai finita e non aveva senso tornarmene tra i pali. Mi arriva il traversone e la colpisco di testa in modo perfetto. Palla in rete tra lo stupore generale e tutta la squadra che mi sommerse di abbracci”.
Come vivesti quella settimana post Avellino? “Il mio nome venne pubblicato praticamente su tutti i giornali sportivi. Da parte mia non feci che atteggiarmi con i compagni di squadra (ride ndr). Dopo Rampulla credo di essere stato il secondo portiere italiano a fare segnare un gol. La mia soddisfazione era doppia”.
Di recente è entrato nell’ almanacco dei portieri goleador anche Lewandovski del Messina il quale ha segnato calciando un rinvio dalla propria area di rigore. Secondo te può definirsi una prodezza oppure, come si dice in gergo, un gollonzo? “Credo possa definirsi più un gollonzo. C’è un evidente errore del portiere avversario nella circostanza. Non è possibile prendere una rete del genere, per di più su un rilancio dell’altro estremo difensore”.
Come stai vivendo l’evoluzione del ruolo del portiere. Ai tuoi tempi bisognava soltanto pensare a parare e non si curava molto la tecnica con i piedi. Ora sembra quasi che conti di più il gioco a terra che le parate per un portiere… “Sono dell’idea che in alcune situazioni si esasperi molto il gioco dal basso sfruttando le doti tecniche dell’estremo difensore. Per quanto mi riguarda con i piedi sapevo cavarmela piuttosto bene. Penso non avrei avuto difficolta ad adattarmi al calcio moderno”.
Secondo te l’attuale Lega Pro è più interessante o scadente rispetto ai tuoi tempi? “Onestamente non seguo molto le partite di questo campionato. Ho visto solo qualche spezzone o sintesi. L’impressione, non me ne vogliano i calciatori che sono oggi in questa categoria, è che ai nostri tempi c’erano nomi tecnicamente superiori e più vicini al mondo professionistico. Lo dico senza presunzione e con il massimo rispetto”.
C’è una parata alla quale sei più affezionato delle altre? “Catania-Casarano, un volo all’incrocio dei pali a tempo scaduto. Ancora oggi i tifosi me lo ricordano. Qualche tempo fa condivisi sui social la foto di quel gesto tecnico: fu un tripudio di like e condivisioni (ride ndr)”.
Avevi un idolo quando giocavi tra i pali? “I miei modelli di riferimento erano Cervone ed il compianto Mancini”.
Alla Juve Stabia hai avuto un presidente importante come Roberto Fiore. Avrai sicuramente un aneddoto su di lui “Coppa Italia ad Andria. A fine primo tempo io ed altri dovevamo essere sostituiti dal mister. Allora, sapendo di questa scelta, vado a farmi la doccia fumando anche una sigaretta. Ad un certo punto il dietrofront, dovetti rientrare in campo. Accadde che sbagliai un rilancio, il pallone colpì un loro giocatore finendo così in porta. Fiore venne a sapere tutto, mi voleva cacciare. Alla fine andai a casa sua, chiarimmo tutto e restai a Castellammare”.
Bruno Galvan