«Mancano 15mila carabinieri, il nostro turnover non è sufficiente. Chiediamo a chiunque verrà eletto per governare di rimetterci in organico, di ridarci uomini e donne necessari per affrontare il s...
«Mancano 15mila carabinieri, il nostro turnover non è sufficiente. Chiediamo a chiunque verrà eletto per governare di rimetterci in organico, di ridarci uomini e donne necessari per affrontare il servizio nelle migliori condizioni possibili». E’ l’appello di Vincenzo Romeo, segretario generale di Pianeta Sindacale Carabinieri Psc “Assieme”, un’associazione che conta oltre quattromila militari iscritti e che si è ritrovata a Gragnano per una tre giorni d’incontri e confronti sulla professione e sulle criticità da affrontare per migliorare il lavoro delle forze dell’ordine su tutto il territorio nazionale.
Romeo, spesso i cittadini lamentano carenza di controlli sul territorio. «Noi vorremmo essere dappertutto, quando un reparto rientra da un percorso di pattuglia e scopre che c’è stato un furto fatica a digerirlo. E’ come se ci sentissimo derubati in casa».
Come si può migliorare il vostro servizio? «Soffriamo una carenza organica importante. Quest’anno, per la prima volta, i carabinieri sfonderanno il muro delle 15mila unità in meno».
E’ un problema che può risolvere solo il governo. «Non vogliamo entrare nella campagna elettorale, ma riteniamo che investire sulla sicurezza significa investire sulla crescita civile di una comunità. Bisogna avere il coraggio di farlo».
Cos’altro potrebbe fare la politica per migliorare il vostro lavoro? «Noi siamo operatori e obbediamo alle regole del codice di procedura penale, ma chiediamo a qualsiasi parte governativa di adoperarsi dal punto di vista legislativo perché ci sia il rispetto della pena».
Troppe scarcerazioni facili? «Guardi qui nessuno vuole mandare tutti in carcere, però ci capita spesso di intervenire su reati in flagranza, dopo ore di servizio, lavoro, e poi ritrovarci al cospetto di persone che reiterano gli stessi reati a distanza di pochissimo tempo».
Una situazione quantomeno stressante per chi deve garantire la sicurezza. «Un carabiniere è addestrato per sopportare i livelli di stress, si comincia già dai corsi di formazione. Ma è pur vero che non siamo immuni da un livello di stress crescente che c’è nella società. Con la differenza che essendo cittadini e allo stesso tempo militari, non possiamo fermarci perché abbiamo il dovere di garantire la sicurezza».
I social network hanno complicato il vostro lavoro? «I social sono una finestra aperta e spontanea sulla società. Quando si pubblica un video si trasmette un piccolo angolo della nostra società. Diverso è il problema delle parole, non sempre adatte al momento e spesso più simile a sfoghi che sarebbe opportuno per sé».
Nei giorni scorsi un carabiniere ha avuto un’uscita a dir poco infelice sulla vicenda di Alessandro, il tredicenne di Gragnano che si è tolto la vita. «Prima di fare certe affermazioni bisognerebbe contestualizzare l’area in cui fare quelle affermazioni. Ci siamo ritrovati a Gragnano per questa tre giorni del nostro congresso nazionale. Siamo vicini ai genitori e gli rivolgo l’abbraccio sentito di tutta la nostra associazione che conta oltre quattromila carabinieri iscritti, di ogni ordine e grado, su tutto il territorio nazionale. Soffriamo tanto per queste vicende nel nostro ambiente, le forze di polizia a livello mondiale hanno percentuale più alta di persone che decidono di lasciare la vita».
Quello dei suicidi tra le forze dell’ordine è un’emergenza. «L’Arma dei carabinieri sta lavorando tanto su questo fronte. Ci sono studi in corso per analizzare questi eventi tristi. L’impegno dev’essere finalizzato ad abbattere il livello di stress a cui siamo sottoposti, che non può essere la normalità. Come associazione abbiamo l’onore di collaborare con la dottoressa Maria Cristina Nardone, una psicoterapeuta di altissimo livello che è intervenuta anche al nostro congresso. Inoltre stiamo aprendo dei punti d’ascolto. E’ fondamentale per chi è sottoposto a questi livelli di stress avere qualcuno con cui parlare, sfogarsi, avere un momento di confronto».
E’ importante anche fare squadra, forse non è un caso che in dieci mesi siete riusciti a mettere assieme oltre quattromila carabinieri. «Amiamo la nostra istituzione e lavoriamo per migliorare la qualità della vita del carabiniere. Siamo convinti che la serenità di un carabiniere aiuti a migliorare la sicurezza del Paese e per raggiungere questo obiettivo è necessario dialogare con l’istituzione in maniera produttiva. Questo modo di pensare convince sempre più militari a far parte della nostra associazione».