Torre del Greco. Dalla mancata presentazione della lista alle elezioni del 2018 – un fallimento arrivato al termine della «solita» faida tra correnti – al flop della mancata sfiducia al sindaco Giovanni Palomba. In mezzo, la farsa del «sostegno segreto» alla carovana del buongoverno di palazzo Baronale e la chiusura per motivi economici di due sedi – entrambe, peraltro, oggi occupate da avversari politici – fino alla drastica riduzione degli iscritti.
Se qualcuno (ancora) si fosse chiesto la ragione per cui il centrosinistra non guida la quarta città della Campania dai tempi del professore Antonio Cutolo – parliamo del 1998, praticamente il secolo scorso – avrebbe trovare un’ulteriore risposta nei disarmanti «risultati» prodotti dal Pd negli ultimi tre anni e mezzo.
E l’esito finale della «crociata» per staccare la spina all’attuale amministrazione comunale – un’iniziativa promossa dal «sempreverde» Luigi Mennella, a caccia dell’ultimo treno per strappare una candidatura a sindaco inseguita dal 2007 – potrebbe aprire l’ennesima crisi interna ai democrat di Torre del Greco.
Perché se la corrente di riferimento del consigliere regionale Loredana Raia ha sempre sostenuto – fino al voltafaccia di febbraio – la maggioranza in cui erano stati infiltrati diversi riferimenti politici sia in consiglio comunale sia in giunta, il gruppo del segretario cittadino si è sempre schierato contro l’attuale amministrazione comunale. Alla fine, la politica dei due forni – come in passato – non ha pagato.
E lo spettro di una nuova débâcle già bussa, con un anno di anticipo, alle porte della (inesistente) casa del Pd della città del corallo.
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