I magistrati del Tribunale di Torre Annunziata chiedono la restituzione all’Italia del Doriforo, una statua dell’antica Stabiae rubata a metà degli anni Settanta dal trafficante internazionale di opere d’arte, Elie Boroswki, e acquistato nel 1984 dal museo Mia (Minneapolis Institute of Art) del Minnesota, Stati Uniti, dove è tuttora esposto. Il Dorifero di Stabiae è un’opera di eccezionale valore storico e artistico, riconosciuta in termini unanimi dal mondo scientifica come la più preziosa copia romana dell’originale greco in bronzo, dal valore inestimabile, che risulta acquistato dal Mia per un prezzo dichiarato di 2.500.000 dollari statunitensi. Questa mattina, la Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha avanzato, alla competente Autorita’ Giudiziaria degli Stati Uniti d’America, la richiesta di assistenza giudiziaria internazionale per l’esecuzione del decreto di confisca, emesso il 19 gennaio scorso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata della statua romana del Doriforo di Policleto, proveniente da scavi archeologici clandestini effettuati nel territorio di Castellammare di Stabia ed esportata all’estero illegalmente.
La richiesta di rogatoria internazionale per ottenere la restituzione all’Italia del Dorifero di Stabiae, trafugato durante scavi clandestini, è stata formulata dal Tribunale di Torre Annunziata in base ai trattati di mutua assistenza in materia penale tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo degli Stati Uniti d’America. Le indagini espletate consentono di affermare, con assoluta certezza, la provenienza illecita della statua del Doriforo e la sua appartenenza al patrimonio dello Stato italiano. Lo stesso Museo di Minneapolis ha recentemente confermato la provenienza campana del reperto archeologico in questione. In una mail inviata il 29 aprile del 2021 da Frederica Simmons, funzionaria del museo di Minneapolis (curatorial department assistant for the Department of Decorative Arts, Textiles, and Sculpture at the Minneapolis Institute of Art), a Gabriel Zuchtriegel, attuale direttore del parco Archeologico di Pompei, la Simmons ha affermato che il Doriforo esposto a Minneapolis era stato rinvenuto nella zona vicino Napoli, attorno agli anni ’30, prima di essere esportato a Lugano (Svizzera).
Il Mia ha pagato un acconto di 800mila dollari per accaparrarsi la statua del Dorifero. E i vertici erano consapevoli che su di esso esisteva un’indagine che aveva riguardato anche l’accertata esportazione illegale all’estero di 5 pannelli affrescati, provenienti dalla villa romana di “Numerius Popidius Florus” a Boscoreale e attualmente esposti al Paul Getty Museum di Malibù a Los Angeles, per i quali pende un’altra richiesta di assistenza giudiziaria internazionale formulata dallo stesso Ufficio della Procura di Torre Annunziata. Le acquisizioni investigative hanno evidenziato che l’esportazione degli affreschi da Boscoreale venne organizzata e gestita dallo stesso trafficante internazionale di opere d’arte, Elie Borowski, dal quale il museo statunitense di Malibù successivamente li acquistò. La statua del Doriforo di Policleto è stata a lungo rincorsa da investigatori italiani e di Monaco. Nel corso dell’attività investigativa è emerso che Elie Borowski aveva avuto un ruolo anche nella esportazione illegale della statua romana del Doriforo di Policleto, finita in un primo momento esposta all’Antikenenmuseum di Monaco, sul quale fu disposto un sequestro il 3 febbraio del 1984 dal Procuratore di Stato del Tribunale di Monaco di Baviera, poi revocato il 27 giugno del 1985 dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Monaco di Baviera. I responsabili del tempo del Minneapolis Institute of Art erano consapevoli dell’origine della statua.
E’ stato, infatti, accertata l’esistenza di un articolato carteggio intrattenuto per valutare l’opportunità dell’acquisto del prezioso reperto. E’ quanto emerso dai documenti trasmessi dall’Autorità Giudiziaria degli Usa che testimoniano come sull’acquisizione al Mia furono valutati i relativi termini economici, nonché i rischi legali derivanti dall’evidente natura clandestina del Doriforo, già gravato dalle numerose vicende giudiziarie e dalla richiesta di restituzione avanzata dalle autorità italiane. Ma prevalse su di esse il prestigio ed il salto di qualità che il museo avrebbe ottenuto con l’acquisto del prezioso reperto. Le missive riguardavano sia le trattative direttamente condotte con il Borowsky, sia le valutazioni e le considerazioni che i vari organismi interni al museo di Minneapolis espressero con riferimento all’opportunità di procedere all’acquisto della statua, al suo prezzo e alle criticità collegate alla sua provenienza.
Il sindaco: torni nel nostro Museo Archeologico
Il Doriforo di Stabiae trafugato e acquistato illecitamente dal Museo di Minneapolis era stato già reclamato dal sindaco di Castellammare di Stabia nell’ottobre del 2020, con un appello che il primo cittadino, Gaetano Cimmino rivolse al Ministro della Cultura, Dario Franceschini. ”Ho appreso in queste ore la richiesta di assistenza giudiziaria internazionale avanzata dalla Procura – scrive Cimmino – Riportiamo a casa la statua ed ospitiamola nei locali del nostro Museo Archeologico”.
Cimmino ringrazia la Procura di Torre Annunziata per la richiesta di confisca del reperto archeologico avanzata alle autorità statunitensi. Cimmino spiega che attualmente esiste a Castellammare di Stabia il ”Museo Archeologico Libero d’Orsi” dove poter conferire alla statua ”un degno spazio, a seguito dell’accordo di valorizzazione che ho firmato insieme al professore Massimo Osanna, all’epoca direttore del Parco Archeologico e oggi direttore generale dei Musei del Mic”.
”Le indagini condotte dal Nucleo Tutela Patrimonio Artistico di Napoli e dal Gruppo di Torre Annunziata ci consentono finalmente di affermare la provenienza illecita della statua del Doriforo e la sua appartenenza al patrimonio dello Stato italiano – aggiunge il sindaco di Castellammare di Stabia – E ci tengo a ringraziare le forze dell’ordine, la Procura e le autorità competenti per l’enorme lavoro che stanno portando avanti per riportare in Italia un tesoro di inestimabile valore, che a Castellammare potrebbe trovare la sua collocazione ideale, per potenziare la vocazione turistica e culturale della nostra splendida città”.