La giustizia sta cambiando pelle. E presto i protagonisti della rivoluzione del sistema giudiziario saranno i cittadini. All’orizzonte, infatti, c’è un referendum con diversi quesiti che potrebbe...
La giustizia sta cambiando pelle. E presto i protagonisti della rivoluzione del sistema giudiziario saranno i cittadini. All’orizzonte, infatti, c’è un referendum con diversi quesiti che potrebbe cambiare in maniera radicale il rapporto tra gli operatori del diritto e soprattutto avere ripercussioni sugli utenti. Per questo Metropolis, da oggi, ha deciso di realizzare un focus, approfondendo i vari temi del dibattito e ascoltando le voci del territorio. Oggi al centro del confronto c’è il tema della separazione delle funzioni dei magistrati. In sintesi il quesito, promosso dalla Corte Costituzionale, punta a cancellare il possibile passaggio dalla funzione del giudice a quella del pm (e viceversa) nel corso della carriera. Oggi il passaggio è possibile per 4 volte, con la nuova riforma Cartabia solo 2. Un tema che da sempre divide l’avvocatura e la magistratura. Anche il quesito referendario, però, non convince a pieno i penalisti. Al vaglio della Consulta, infatti, c’è da tempo una proposta di riforma costituzionale che prevede non la “semplice” separazione delle funzioni tra pm e giudici ma una separazione reale delle carriere. Proposta avanzata, con una raccolta firme, proprio dall’Unione Italiana delle Camere Penali. «Il quesito referendario è un passo in avanti ma non è quello che noi chiediamo da tempo – sottolinea Renato D’Antuono, presidente della Camera Penale di Torre Annunziata – I referendum sulla giustizia vanno condivisi per favorire un importante cambiamento sul piano politico- culturale: far comprendere a tutti quanto sia urgente la “riforma costituzionale per la separazione delle carriere” scritta da noi penalisti. Al netto delle dovute puntualizzazioni, ho comunque accolto con favore la decisione della Corte Costituzionale e spero che i cittadini rispondano, innanzitutto, partecipando a questo importante appuntamento democratico». Per Luisa Liguoro, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Torre Annunziata, l’ammissibilità del quesito referendario è importante per il sistema «giustizia» ma, sottolinea, «avrei preferito che tale delicata questione fosse stata oggetto di un intervento da parte del Parlamento senza preconcetti di natura politica». «Sarebbe infatti opportuno che le questioni in materia di Giustizia venissero sempre analizzate dal Legislatore scevro da condizionamenti ideologici tenendo in debito conto il solo interesse supremo dei cittadini», sottolinea Luisa Liguoro. Opposte le considerazioni dei magistrati. Ernesto Aghina, presidente del tribunale di Torre Annunziata ed ex componente del Csm, sottolinea come il possibile condizionamento dei processi legato ai rapporti tra pm e giudici sia in realtà un falso mito «smentito» dai dati oggettivi. «Ci sono dati statistici che dicono che la percentuale di magistrati che transitano da un ufficio all’altro è impalpabile – afferma Aghina – Per quanto riguarda, invece, l’autonomia delle funzioni mi rifaccio ai numeri resi noti nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario: dati che parlano di circa il 50% di assoluzioni in primo grado. Numeri che smentiscono di fatto l’esistenza di una possibile sudditanza tra giudicante e inquirente, confermando che nei fatti questa separazione già esiste». Concetti sottolineati, in questi giorni, anche da Armando Spataro, ex procuratore di Torino che aveva sottolineato come solo «80 pm in 3 anni sono passati alla giudicante e 41 giudici hanno fatto il percorso inverso». Anche l’ipotesi di dividere le carriere – avanzata dai penalisti – non convince i magistrati. «Non sono convinto che alla prova dei fatti questo tipo di riforma potrebbe avere effetti positivi», conclude Aghina.