Avevano pianificato tutto. La vittima, quanti colpi da esplodere contro il bersaglio, a che ora e dove. Conoscevano le sue abitudini perché i quattro ragazzi le avevano studiate per 24 ore: non potev...
Avevano pianificato tutto. La vittima, quanti colpi da esplodere contro il bersaglio, a che ora e dove. Conoscevano le sue abitudini perché i quattro ragazzi le avevano studiate per 24 ore: non potevano e non volevano sbagliare. Era il loro primo omicidio. Dovevano dimostrare ai “capi” che loro, giovani leve, sapevano uccidere. E così è stato. Spietati e senza alcun timore erano così piombati davanti a una chiesa poco dopo la messa di mezzogiorno, il 12 settembre scorso, premuto il dito sul grilletto e freddato Francesco Immobile. Poi la fuga lasciando la scia di sangue sull’asfalto. Fino a ieri mattina, fino a quando gli agenti del commissariato di Torre Annunziata sono piombati nelle loro abitazioni coordinati alla Squadra Mobile di Napoli e hanno eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia e dalla Procura presso il Tribunale per i minorenni, nei confronti di tre maggiorenni e un minorenne, tutti con precedenti. Ciro Coppola, 19 anni, Pietro Pallonetto 18 anni e Alfredo Longobardi figlio di un reggente storico del clan Gionta. In fuga il quarto componente del commando. Per tutti l’accusa, a vario titolo è quella di omicidio, detenzione di armi, favoreggiamento. L’inchiesta era partita all’indomani dell’agguato avvenuto davanti alla chiesa Sant’Alfonso De Liguori. Era il 12 settembre. appena 24 ore prima i sicari avevano cercato di uccidere un soldato di spicco del clan dei Gionta, Michele Guarro. Un agguato fallito ma che doveva essere vendicato. Si decide nome e cognome della vittima da sacrificare: Francesco Immobile, 36enne con precedenti e uscito al carcere da pochi mesi, legato da un vincolo familiare al clan dei Gallo-Cavalieri. L’obiettivo perfetto per dimostrare che il clan Gionta non avrebbe incassato l’affronto. Pietro Pallonetto si era dimostrato fedele ai Valentini, come lo stesso Alfredo Longobardi figlio di un luogotenente dei Valentini. L’agguato doveva avvenire sotto casa: sotto gli occhi della famiglia, dei figli. Doveva essere esemplare. Doveva far tremare i nemici e tutto a due passi dal rione Penniniello, la fortezza della cosca fondata dal super boss ergastolano, Pasquale Gallo. Un omicidio, il primo della nuova guerra di camorra di Torre Annunziata, realizzato ai piedi del monumento in ricordo delle vittime innocenti della criminalità organizzata. Dopo aver ricevuto il via libera da parte del clan si erano organizzati. Chi doveva procurare l’arma, chi guidare e chi invece sparare. Ruoli precisi. Ruoli scanditi dall’esperienza e dall’anzianità, ma anche dalla fiducia che quell’agguato sarebbe stato messo a segno senza errori. Era da poco sceso in strada Immobile. Si era allontanato dalla sua abitazione, a pochi passi dalla chiesa di Sant’Alfonso Maria de Liguori. Era a una decina di metri dalla stele in ricordo di Matilde Sorrentino, la mamma coraggio di Torre Annunziata assassinata nel 2004. Un monumento dove sono stati incisi anche i nomi delle altre vittime innocenti di una camorra spietata e assassina che negli ultimi decenni ha colpito al cuore la città. Qui Francesco Immobile si trovava solo. Stava camminando in direzione via Vittorio Veneto quando alle sue spalle sono piombati i suoi assassini. Hanno aperto il fuoco. Due le pistole usate per il massacro e tredici i colpi esplosi. Un’esecuzione. Dieci proiettili a segno. I colpi calibro nove colpiscono la vittima al corpo e alla testa senza lasciargli scampo. Inutile la corsa disperata in ospedale al San Leonardo di Castellammare di Stabia. Il pregiudicato trentacinquenne muore tra le braccia dei medici del nosocomio stabiese poco dopo l’arrivo in corsia. I sicari tornano nella roccaforte, a casa dei loro capi, per festeggiare. L’agguato a segno e anche il loro battesimo. Ma è l’inizio di una guerra. Non c’è più solo la gestione delle estorsioni e delle piazze di spaccio in ballo, ora anche un morto. E potrebbe non essere l’ultimo. Ora i sicari sono in cella ma la verità è emersa e la sete di vendetta potrebbe generare altri morti.