Un patto criminale per inondare di droga le piazze di spaccio della provincia di Salerno. Un affare da 5 milioni di euro all’anno per finanziare le casse di una camorra sempre più ricca e spietata....
Un patto criminale per inondare di droga le piazze di spaccio della provincia di Salerno. Un affare da 5 milioni di euro all’anno per finanziare le casse di una camorra sempre più ricca e spietata. Un’alleanza d’affari sulla quale incombe l’ombra del clan Gionta, il clan di Torre Annunziata protagonista, in questi mesi, della guerra che sta tornando a macchiare di sangue le strade della città. Sono i dettagli che emergono dalla mega inchiesta che all’alba di ieri ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 56 persone (35 in carcere e 21 ai domiciliari). Le accuse contestate a vario titolo dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno sono pesantissime: associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e spaccio di droga. Tra le figure chiave dell’inchiesta spicca un nome che a Torre Annunziata evoca sinistri ricordi. È il nome di Valentino Gionta. Non si tratta del boss ergastolano sepolto vivo da decenni al 41 bis. Ma di suo nipote, trentottenne. Gionta è ritenuto uno degli esponenti dell’ultima generazione del clan. Un broker della droga che grazie all’appoggio di diversi ex affiliati della provincia di Salerno avrebbe messo in piedi un canale per la vendita all’ingrosso di hashish, marijuana e cocaina. Un affare stellare che secondo le stime degli inquirenti sarebbe valso all’intera filiera (dai fornitori ai mediatori passando per gli spacciatori al dettaglio) introiti pari ad almeno 5 milioni di euro all’anno. Un vero e proprio tesoro in parte destinato – forse – alle casse della camorra. A incastrare il rampollo di Palazzo Fienga una lunghissima serie di intercettazioni nelle quali Gionta tratta la vendita di ingenti partite di sostanze stupefacenti. Un narcos di primo piano che non si limita alla cessione di piccoli carichi ma di grosse quantità di droga al gruppo guidato da Giacomo De Risi, ritenuto dagli inquirenti uno dei principali clienti di Gionta. Un rapporto d’affari durato – secondo le indagini – circa 3 mesi. Meno di 100 giorni nel corso dei quali il rampollo di Torre Annunziata avrebbe rappresentato un punto di riferimento per gli spacciatori della provincia di Salerno. Ma ciò che più stupisce il gip – come scritto nell’ordinanza cautelare eseguita ieri – è l’enorme rilievo del volume d’affari gestito dallo stesso Gionta (nelle carte si parla di partite di stupefacenti da vendere e comprare per cifre che superano anche i 30.000 euro). Dalle intercettazioni emergono anche i viaggi dei gruppi salernitani a Torre Annunziata per il recupero delle dosi da acquistare dallo stesso Valentino Gionta. E sempre dalle conversazioni viene anche fuori che per i suoi interlocutori quell’uomo era il vero «padrone di Torre». Attorno a Valentino Gionta ruotavano anche una serie di collaboratori fidati e altri soggetti di Torre Annunziata che lo avrebbero aiutato nell’affare. «L’organizzazione – scrive in una nota la Procura di Salerno – alimentava una ramificata rete di smercio costituita da acquirenti all’ingrosso (alcuni dei quali gestori di autonome piazze di spaccio in altri Comuni), spacciatori operanti localmente o in altri Comuni del comprensorio (Nocera Inferiore, Cava de’ Tirreni) o in aree diverse della provincia (Maiori, Battipaglia), e, infine, numerosi e assidui consumatori abituali di varia estrazione e provenienza». A conferma dell’enorme capacità dei gruppi finiti nella rete dell’indagine e riforniti in parte da Valentino Gionta c’è anche il dato dei sequestri eseguiti. In tutto 8 chili di droga, tra hashish e cocaina ritenuti riconducibili agli affari del gruppo. Una vera e propria holding criminale che in parte – sostengono gli inquirenti – avrebbe finanziato con gli introiti della droga le finanze della camorra e in particolare del clan Gionta.
©riproduzione riservata