Per i giudici non ci sono dubbi: quegli immobili sequestrati a San Vito Chietino, piccolo paese di 5.000 anime in Abruzzo, sono stati comprati con i soldi della camorra. E così la Cassazione ha decis...
Per i giudici non ci sono dubbi: quegli immobili sequestrati a San Vito Chietino, piccolo paese di 5.000 anime in Abruzzo, sono stati comprati con i soldi della camorra. E così la Cassazione ha deciso di blindare il provvedimento emesso nel 2019 a carico di Alberto Bova, quarantaseienne napoletano ritenuto legato mani e piedi al clan Falanga di Torre del Greco. Due anni fa i carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata, al termine di una dettagliata indagine patrimoniale, hanno eseguito un decreto di sequestro finalizzato alla confisca a carico del sospettato. Bova è infatti ritenuto dalle forze dell’ordine un uomo dei Falanga nonché uno dei collaboratori di Maurizio Garofalo, elemento di punta della cosca fondata dal boss Peppe ‘o struscio. Una holding criminale, quella di cui sono accusati di aver fatto parte Bova e Garofalo, che aveva tessuto le trame di una “santa alleanza” per lo spaccio di droga in provincia di Napoli. Arrivando a gettare le basi di un patto di ferro anche con il più potente clan Ascione-Papale, cosca con base a Ercolano. Vicende finite al centro del maxi-processo ai signori della droga di Torre del Greco che si è concluso nel novembre del 2019 con le condanne definitive per una ventina di imputati. Le indagini condotte dall’Antimafia hanno portato – nel 2016 -all’arresto di ben 23 persone, tutte ritenute coinvolte negli affari dell’organizzazione guidata proprio da Garofalo. Da quel processo è emerso – sostengono gli inquirenti – che Bova aveva il compito di approvvigionare di stupefacente il gruppo criminale con base all’ombra del Vesuvio. Dalle successive indagini sarebbe anche emersa la presunta sproporzione tra i redditi dichiarati dal sospettato e i beni mobili e immobili nella disponibilità del suo nucleo familiare. Da questi accertamenti le forze dell’ordine sono giunti ai piedi dei beni situati a San Vito Chietino. Un terreno e alcuni immobili che Bova ha acquistato per 160.000 euro nel novembre del 2012 attraverso alcuni assegni circolari. Contro quel sequestro il quarantaseienne ha però deciso di presentare ricorso prima in Corte d’Appello e poi in Cassazione. Secondo i legali di Bova quei terreni sono stati acquistati con i soldi di alcune attività lecite gestite dall’imprenditore prima dell’inchiesta che lo ha travolto qualche anno fa. Una tesi che però non ha convinto i giudici che anche alla luce di una precedente sentenza della Corte d’Appello hanno ritenuto il provvedimento emesso dai magistrati napoletani assolutamente legittimo. Concetti ribaditi nelle motivazioni depositate nei giorni scorsi dai giudici della sesta sezione penale della Corte di Cassazione.