Esami clinici gratis agli amici, senza passare per il centro unico prenotazione, e anche “mazzette”, come viaggi Capri e a Torino per la partita di Champions League della Juventus: dovranno rispondere anche di questo alcune delle 31 persone che il gup di Santa Maria Capua Vetere Emilio Minio ha rinviato a giudizio nell’ambito di un’indagine del Nas e della Procura sull’ospedale di Caserta dove, secondo gli inquirenti, un intero reparto veniva piegato ad interessi privati. Al cento dell’inchiesta, risalente al luglio 2019, figurano Angelo Costanzo, ex dirigente della Patologia Clinica e la moglie, Angela Grillo, sua stretta collaboratrice, e Vincenza Scotti, titolare del noto laboratorio Sanatrix di Caivano, moglie di Costanzo e sorella del killer della Nco Pasquale Scotti.
Proprio durante le indagini sulla latitanza di Scotti gli inquirenti della Dda di Napoli si imbatterono in alcune conversazioni che vedevano tra gli interlocutori la sorella di Scotti, telefonate ritenute “ambigue”, da cui emersero i fili di un’associazione a delinquere molto ben radicata, operante nell’ospedale di Caserta. Costanzo, Grillo e Scotti, al termine di un processo con il rito abbreviato, sono stati condannati, rispettivamente a 4 anni e 8 mesi, 4 anni e 2 mesi e 2 anni e mezzo. Condannato, a 2 anni e mezzo, anche Giovanni Baglivi, rappresentante farmaceutico di Santa Maria a Vico, mentre sono stati assolti Giuseppe Canzano e Maddalena Schioppa.
Tra coloro che dovranno difendersi dall’accusa di peculato d’uso figura anche l’ex presidente della Provincia di Caserta Domenico Zinzi. Inoltre, molte delle analisi commissionate al laboratorio privato della moglie di Costanzo sempre secondo i pm sarebbero state effettuate dal reparto ospedaliero con un aggravio dei costi per la casse pubbliche e sostanziosi risparmi per la struttura della Scotti, la quale riceveva dalla Regione anche il rimborso per le analisi mai fatte. Tra i rinviati a giudizio figura anche Leonardo Pace, facente parte della triade commissariale che tra il 2015 e il 2017 amministrò l’ospedale di Caserta durante il commissariamento per infiltrazioni camorristiche disposto dal Ministero dell’Interno in seguito ad un’altra indagine che aveva riguardato l’ospedale casertano. Tra gli episodi, piuttosto originali, emersi nel corso dell’indagine figura anche quello in cui una tangente venne usata per pagare un’altra tangente.