L’omicidio di Roberto Cutolo, figlio del padrino di Ottaviano massacrato in provincia di Varese il 19 dicembre del 1990, fu deciso a Milano. A condannare a morte il rampollo del capoclan sepolto viv...
L’omicidio di Roberto Cutolo, figlio del padrino di Ottaviano massacrato in provincia di Varese il 19 dicembre del 1990, fu deciso a Milano. A condannare a morte il rampollo del capoclan sepolto vivo al 41-bis fu il “Consorzio criminale”, il mega-sodalizio composto da esponenti di spicco delle principali organizzazioni mafiose italiane: Cosa Nostra, ‘ndrangheta, Sacra Corona Unita e camorra. E’ l’inedito retroscena emerso dall’ultima udienza dal processo “Rinascita-Scott”, il procedimento nato da un’inchiesta coordinata da Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro. Cinque omicidi, nel mirino e 14 imputati che rischiano il carcere a vita. Sullo sfondo le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia che hanno aperto uno squarcio nel silenzio che da sempre protegge la ‘ndrangheta, da molti ritenuti la più potente e pericolosa organizzazione mafiosa al mondo. E tra i racconti finiti al centro di quell’indagine ci sono anche i verbali firmati da Antonino Fiume, cognato e braccio destro di Peppe De Stefano, capo di Reggio Calabria ucciso negli anni ‘80. Conosce molte cose Fiume. A cominciare dalla nascita del famoso “Consorzio”. Una super federazione criminale con base a Milano e ramificazioni in ogni angolo del pianeta fondata nel 1986. Un’organizzazione che avrebbe tessuto trame e strategie, arrivando a decretare diversi omicidi. Una cupola che si trovava in cima a tutti e che rappresenta «il potere assoluto di tutte le mafie in Italia». E sulla lista nera del “Consorzio” c’è anche l’agguato costato la vita al figlio di Cutolo, un delitto che segnerà il definitivo declino della Nuova Camorra Organizzata fondata dal padrino di Ottaviano. Secondo quanto raccontato dal pentito Fiume nel corso del processo che si celebra a Catanzaro l’omicidio del figlio di Cutolo. Delitto messo a segno dai Fabbrocino proprio con il placet del “Consorzio”. «Giuseppe De Stefano mi disse in ogni caso di non dire nulla a Reggio Calabria dell’uccisione del figlio di Cutolo autorizzata dal Consorzio, visto che Giovanni Tegano – le parole di Fiume ai giudici – non avrebbe gradito tale azione per i nostri rapporti con Raffaele Cutolo, iniziati molti anni prima e rafforzata con l’omicidio di Mico Tripodo». Domenico Tripodo, boss di Reggio Calabria, fu infatti ucciso a coltellate nel carcere di Poggioreale nel 1976. Il delitto sarebbe stato commesso da Pasquale Barra, detto ‘o animale, uno dei killer al servizio di Cutolo che proprio in quegli anni era all’apice della sua scalata criminale. Un altro pentito le cui dichiarazioni sono finite agli atti dell’inchiesta, Salvatore Pace, ha raccontato inoltre che il delitto sarebbe stato realizzato su richiesta dei Fabbrocino e la condanna a morte per il figlio del boss venne emessa all’interno di un hotel in Lombardia. Per quel delitto, dopo 30 anni, sono stati condannati sia i mandanti e gli esecutori. A cominciare dal boss defunto Mario Fabbrocino, nemico storico di Cutolo morto in carcere a Parma nell’aprile del 2019.