Rocco Traisci.
La versatilità della voce, l’approccio sanguigno della scrittura e l’espressività scenica fanno di Fiorenza Calogero una delle più profonde interpreti della canzone tradizionale italiana. Una profondità verticale che trapassa la terra natìa – Napoli e la Campania – e spunta negli emisferi più remoti del mondo, nelle selve, tra gli spiriti e i popoli che li abitano.
World music, teatro dialettale, tradizione: la tua carriera sembra un percorso etnografico ben oltre l’esperienza artistica…
“Hai detto bene, un percorso etnografico, ed è per me una bellissima definizione. Ho scelto di fare questo mestiere perché mi stimola attraverso lo studio, la ricerca, i viaggi, il confronto con le persone che incontro, i rituali, le credenze, l’arte (…anche culinaria) … tutto questo mi fa sentire sempre in movimento. Ho sempre attinto dalla tradizione, stravolgendola attraverso le mie interpretazioni e la ricerca di un suono che mi distinguesse, che fosse il mio suono. ln questa mia costruzione e crescita l’incontro con Marcello Vitale è stato fondamentale, un valore aggiunto importante. In teatro invece ho ricevuto il battesimo da Roberto De Simone ne 1998 con “La Gatta Cenerentola”. È stato l’inizio di una vita che amo”.
Cosa sono per te l’arte, il palcoscenico, il linguaggio?
“Se vuoi comunicare un messaggio al mondo non c’è cosa più efficace dell’arte. Ogni forma di arte. Ed è l’unica cosa per cui tutti i popoli vanno d’accordo tra di loro. Attraverso il mio linguaggio musicale da anni cerco di raccontare l’identità culturale della mia terra. Tante volte ho avuto l’onore di condividerla con artisti provenienti da ogni parte del mondo, da Cristina Branco a Pino de Vittorio, da Amal Murkus a Mbarka Ben Taleb, da Maria Mazzotta a Urna, da Vittorio Grigolo a Ernest Daniel Smidth”.
Anche Enzo Avitabile ha avuto un ruolo centrale nel tuo percorso.
“Devo molto ad Enzo Avitabile, che conosco ormai da vent’anni. Ha realizzato per me il disco ‘Nun tardare sole’, tra i finalisti della sezione interpreti del Premio Tenco. Frequentare, vivere, condividere la musica di Enzo, significa che il puzzle che vai a costruire sulla tua formazione artistica deve per forza avere un taglio world music”.
Raffaele Viviani è sicuramente uno dei tuoi numi tutelari, tra l’altro di origine stabiese come te. Una fatalità.
“È il mio tormento. Artista difficilissimo da re -interpretare, infatti sono anni che cerco di concludere un disco delle sue opere. Il covid ha rallentato ulteriormente questo mio nuovo lavoro. Per me non è l’omaggio a un concittadino illustre, non lo sto percependo in questo modo. Sto vivendo questo viaggio con la stessa percezione che si ha di fronte a brani inediti”.
Musica, teatro e adesso anche un ruolo nella fiction Il Commissario Ricciardi di D’Alatri.
“Fino ad oggi ho preso parte a due film bellissimi ma da cantante, uno è Passione” per la regia di John Turturro, fuori concorso alla Mostra di Venezia e l’altro “Enzo Avitabile Music Life” del premio Oscar Jonathan Demme. Ne Il commissario Ricciardi interpreto Marietta, ‘a guardiaporte! Mi vedrete nel quinto episodio dal titolo Vipera”
Suonne Comme Li Rose (Vitale/Calogero). Alla chitarra Ernesto Nobili.