NAPOLI – Devastazione e saccheggio, aggravati dalla matrice camorristica e dalla finalità terroristica-eversiva: è quanto i magistrati dello speciale pool costituito dal procuratore Giovanni Melillo ipotizza nell’ambito delle indagini sulla “guerriglia” scattata lo scorso 23 ottobre a Napoli, dove molte centinaia di soggetti di diversa estrazione, insolitamente insieme, misero a ferro e fuoco la zona circostante il palazzo che ospita la sede della Giunta Regionale della Campania. I decreti di perquisizione riguardano nove persone a ciascuna delle quali gli agenti della Polizia di Stato (Squadra Mobile, Digos e Polizia Postale), i carabinieri del Ros e i carabinieri del Comando Provinciale di Napoli, hanno sequestato, tra l’altro, indumenti, telefoni cellulari e supporti per la memorizzazione di dati, come schede SD, alla ricerca di informazioni che possano essere utili a ricostruire la genesi di quanto accaduto quella sera dell’entrata in vigore del “coprifuoco” indetto dal governatore Vincenzo De Luca per fronteggiare il crescente contagio da Coronavirus. Originariamente, quella manifestazione, organizzata da un centinaio di commercianti, aveva solo l’obiettivo di esprimere pacificamente il proprio dissenso rispetto a quella difficile decisione.
Il corteo, come si ricorderà, dopo essere partito dal centro di Napoli alla volta di Santa Lucia, si era mano mano infoltito, ingrossato, ma non solo da chi aveva deciso di rappresentare civilmente il proprio dissenso contro quella decisione. Si aggregarono, silenziosamente, e ,o strumentalizzarono, varie componenti eversive (estremismo ideologico, criminalità comune e organizzata, e anche di ultras) che avevano un solo obiettivo: lo scontro con i rappresentanti delle forze dell’ordine. Gli eventi di Napoli, inoltre, furono l’innesco per una serie di altre manifestazioni violente poi verificatesi anche in altre città d’Italia. Quanto accadde a Napoli quella sera, secondo quanto emerso dalle prime indagini, fu reso possibile anche grazie a un “tam-tam” via chat. Una sorta di passaparola via web. E, in piazza, si ritrovarono anche fazioni che nulla avevano a che fare tra loro, unite solo dalla voglia di caos.
E infatti di guerriglia si trattò, tanto che il questore di Napoli si affrettò a stigmatizzarla malgrado la notte inoltrata: “Nessuna condizione di disagio, per quanto umanamente comprensibile, – disse Alessandro Giuliano – può in alcun modo giustificare la violenza”. Un paio degli indagati, difesi dall’avvocato Emilio Coppola, in passato hanno militato nelle frange del tifo estremo. Poi ci sono piccoli criminali e anche “gente di piazza”. Effettivamente un humus particolare, insolito, fatto di soggetti di diversa estrazione. L’obiettivo dei sostituti procuratori Celeste Carrano, Luciano D’Angelo, Danilo De Simone e Antonello Ardituro è, soprattutto, fare luce sulla reale matrice di queli scontri, a cui hanno preso parte soggetti di diversa estrazione. Capire se ci sia stata una convergenza occasionale di intenti oppure una regia unica, senza escludere l’eventualità che a muovere i fili possano essere stati anche boss detenuti.